NatRisk, un percorso di laurea verso le sfide della gestione dei rischi

In un quotidiano nel quale la realtà della crisi climatica porta a rischi naturali sempre più frequenti e intensi in varie aree del pianeta, la conoscenza di questi fenomeni si fa, di pari passo, sempre più importante e urgente. Da qui, l’importanza d’investire non solo nella ricerca, ma anche nella formazione delle generazioni più giovani, così da consentire alle scienziate e agli scienziati di domani di avere a disposizione i migliori strumenti per affrontare questa sfida.

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È in questa prospettiva che si pone il corso di laurea magistrale Engineering for Natural Risk Management (NatRisk), avviato nel 2017 nell’ambito della collaborazione tra l’Università di Genova e Fondazione CIMA. Sebbene attivo solo da un periodo relativamente breve, il corso già dimostra il suo ruolo concreto nella formazione delle studentesse e degli studenti: ne è un esempio l’attribuzione del Best Poster Award, indetto nell’ambito della European Student Research Conference, ad Hamed Izadgoshhasb, ex studente del corso e oggi dottorando alla Sapienza Università di Roma. A lui abbiamo quindi posto alcune domande per avere una sua prospettiva sul corso, dai punti di forza a quelli di debolezza, e per avere un’opinione da chi lo ha vissuto per sapere cosa permette di “portare con sé” nel successivo percorso accademico e di ricerca.

Come hai scoperto (e deciso di iscriverti a) il corso di Engineering for Natural Risk Management?

L’ho conosciuto attraverso il mio migliore amico, che si era iscritto al programma un anno prima di me. Il suo sostegno entusiasta al corso e l’impatto trasformativo che ha avuto sulla sua comprensione della gestione dei rischi naturali hanno suscitato il mio interesse. Dopo aver discusso con lui delle sue esperienze, sono rimasto impressionato dalla conoscenza pratica che aveva acquisito e dagli approcci innovativi offerti dal corso per affrontare sfide complesse nel campo. Il suo resoconto di prima mano del curriculum coinvolgente, dell’esperienza degli insegnati e delle opportunità di networking mi ha convinto che si adattasse perfettamente alle mie aspirazioni professionali.

La raccomandazione del mio amico non solo mi ha fornito un’idea del contenuto del corso, ma ha anche evidenziato l’ambiente di supporto e collaborazione all’interno del programma. È diventato evidente che iscrivermi non solo avrebbe migliorato le mie competenze tecniche ma mi avrebbe anche permesso di far parte di una comunità appassionata all’idea di avere un impatto positivo nella gestione dei rischi naturali. In sostanza, la mia decisione di iscrivermi al corso Engineering for Natural Risk Management è stata significativamente influenzata dalle esperienze di prima mano e dai feedback positivi.

Puoi darci un commento sulla tua esperienza? In termini generali, è stata positiva o negativa e perché? A chi raccomanderesti il corso?

Riflettendo sulla mia esperienza complessiva, posso affermare che è stata eccezionalmente positiva. Il corso ha superato le mie aspettative sotto vari aspetti: il curriculum è ben strutturato e altamente pertinente, per cui offre una comprensione completa della gestione dei rischi naturali associata a applicazioni pratiche.

Raccomanderei vivamente il corso a persone appassionate di ingegneria ambientale e gestione dei rischi, e a coloro che cercano un programma che integri la teoria con le applicazioni pratiche. L’impatto positivo sul mio stesso percorso professionale mi rende sicuro nel raccomandarlo a chiunque cerchi un’esperienza educativa solida e gratificante in questo campo.

Quali sono, secondo te, i punti di forza del corso?

Alcuni degli aspetti più significativi sono la presenza di insegnanti esperti e appassionati, che favoriscono la presenza di un ambiente di supporto per gli studenti; il focus sulle applicazioni pratiche, per cui si incorporano gli scenari teorici nel mondo reale, fornendo competenze direttamente applicabili nella carriera futura; e ancora la natura interattiva e collaborativa del corso, che favorisce un ambiente di apprendimento coinvolgente.

Ci sono molti altri punti di forza che potrei elencare, come le opportunità di networking offerte, il fatto che sia un corso adatto a persone con esperienze e background diversi, l’approccio multidisciplinare. E anche il supporto di Fondazione CIMA, che aggiunge un valore significativo fornendo risorse e opportunità. Tutto ciò contribuisce a un’esperienza educativa gratificante.

E le debolezze del corso, invece? Cosa pensi potrebbe essere migliorato?

Sebbene, come ho detto, la mia esperienza complessiva sia stata estremamente positiva, è in effetti importante riconoscere le aree in cui il programma potrebbe essere migliorato. Un aspetto che potrebbe essere rafforzato, secondo me, è l’inclusione di ulteriori corsi di programmazione, in particolare in Python. Questo non solo completerebbe le conoscenze teoriche acquisite nel programma, ma doterebbe anche gli studenti di competenze pratiche per l’analisi dei dati, la modellazione e così via. Si tratta di competenze particolarmente cruciali per affrontare questioni complesse nella gestione dei rischi naturali e che possono aumentare significativamente la competitività dei laureati sul mercato del lavoro.

Quali sono gli strumenti e le lezioni più importanti che il corso ti ha lasciato?

Ci sono tanti strumenti e lezioni di cui il corso mi ha dotato e che hanno plasmato significativamente il mio percorso professionale. Alcuni aspetti sono molto personali, come l’aumento della fiducia in me stesso acquisita grazie ai progetti impegnativi, le discussioni coinvolgenti e le attività in scenari del mondo reale; il corso, inoltre, ha posto un forte accento sullo sviluppo di soft skills come comunicazione, collaborazione e adattabilità, che si sono dimostrate preziose per affrontare la complessità della gestione dei rischi naturali e nell’instaurare relazioni di lavoro efficaci. E poi, il corso mi ha offerto l’opportunità di connettermi a una comunità di colleghi, ricercatori e insegnanti – persone straordinarie che i hanno permesso sia di ampliare la mia rete professionale sia di arricchire la mia prospettiva attraverso esperienze e intuizioni diverse. Il network che si crea rappresenta un beneficio duraturo, offrendo supporto continuo e opportunità di collaborazione.

Ci sono poi gli strumenti e le conoscenze più tecniche. Tra le più preziose lasciatemi dal corso evidenzio l’introduzione al telerilevamento (a cominciare dal corso Remote Sensing of Natural Disasters tenuto da Gabrielle Moser, Sebastiano Serpico e Stefania Traverso), le competenze acquisite nella programmazione, in particolare nel contesto delle applicazioni ambientali, e quelle nell’ambito del machine learning per la valutazione del rischio d’incendi boschivi. Comprendere come applicare questi algoritmi per prevedere e gestire il rischio d’incendi boschivi è stato per me particolarmente illuminante e mi ha offerto applicazioni pratiche per affrontare queste urgenti sfide ambientali.

A questo proposito: lo studio per cui sei stato premiato è frutto del tuo lavoro di tesi, che ha avuto come relatori Andrea Trucchia, ricercatore dell’ambito Incendi Boschivi e Conservazione della Biodiversità Forestale di Fondazione CIMA, e Paolo Fiorucci, referente dell’ambito. Il lavoro, già stato oggetto di pubblicazione nel 2022, s’inserisce in un filone di ricerca cui Fondazione CIMA si dedica da tempo e che ha portato anche altri risultati significativi (ne abbiamo parlato qui), quale la creazione di una mappa di pericolosità per gli incendi per l’area del Mediterraneo orientale. Puoi descriverlo brevemente?

Il titolo della mia tesi è Machine Learning Techniques for Wildfire Management. La ricerca si è concentrata sulla creazione di mappe di pericolosità per la Liguria, sulla valutazione della performance di tre algoritmi di machine learning usati per crearle (Multi-layer Perceptron, Support Vector Machine e Random Forest), e sulla valutazione event-based dei risultati. Quest’ultima parte rappresentava un aspetto innovativo del lavoro, nel quale i risultati ottenuti sono stati sperimentati su un dataset diverso da quello usato durante il training e il test dell’algoritmo. I risultati del lavoro hanno dimostrato che Random Forest aveva le migliori prestazioni per la mappatura della suscettibilità degli incendi boschivi. Inoltre, la validazione event-based ha evidenziato la robustezza degli algoritmi di machine learning nel calcolare con precisione le aree suscettibili agli incendi boschivi.

Su cosa stai lavorando attualmente? Il tuo percorso con l’Università di Genova e la Fondazione CIMA ti ha aiutato a orientarti verso un campo che ti piace?

Attualmente sono dottorando, sotto la supervisione del professor Nazzareno Pierdicca, presso l’Università Sapienza di Roma, dove mi occupo di telerilevamento a microonde in idrologia ed ecologia, con un focus specifico sulla radar bistatico. Il mio progetto principale prevede lo sviluppo di un processore per la stima dell’umidità del suolo utilizzando la tecnica GNSS Reflectometry come parte della seconda missione Scout dell’ESA (nota come HydroGNSS). 

Il percorso con l’Università di Genova e Fondazione CIMA ha svolto un ruolo cruciale nel plasmare la mia attuale linea di ricerca. Ha infatti acceso il mio interesse nell’intersezione tra ingegneria ambientale e tecnologie avanzate, influenzando in modo significativo le mie scelte accademiche e professionali. 

Oltre ai dottori Andrea Trucchia e Paolo Fiorucci, che sono stati i miei relatori per la tesi di laurea magistrale, anche il professor Giorgio Boni dell’Università di Genova e il dottor Luca Pulvirenti di Fondazione CIMA hanno avuto un ruolo fondamentali nel plasmare la mia carriera accademica e professionale: colgo dunque l’occasione per ringraziarli per il loro sostegno e guida, così come ringrazio tutto l’ambito Incendi Boschivi e Conservazione della Biodiversità Vegetale di Fondazione CIMA e il Dipartimento di Ingegneria Elettrica, Elettronica e delle Telecomunicazioni e al Dipartimento di Architettura Navale (DITEN) dell’Università di Genova per l’organizzazione di questo corso di laurea magistrale.

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