Un maggio di pioggia e neve. Ma il deficit a livello nazionale rimane significativo

Nonostante le precipitazioni del mese di maggio abbiano portato anche un po’ di neve fresca ad alta quota, il deficit dello Snow Water Equivalent, cioè l’acqua contenuta nella neve, a livello nazionale rimane significativo

Quello del 2023 è stato un maggio decisamente piovoso – con conseguenze anche molto gravi, se si pensa alle alluvioni dell’Emilia-Romagna – e certo anche il mese di giugno non è iniziato all’insegna del “bel tempo”. Ma cosa significa questo per la riserva idrica nivale italiana? Ci può aiutare a mitigare la siccità degli scorsi mesi?

Riprendiamo il discorso che abbiamo iniziato già tempo fa, andando a guardare cosa succede a uno dei nostri più importanti “serbatoi” d’acqua: la neve. Fondazione CIMA ha seguito il suo andamento nel corso dell’inverno, rilevando il significativo deficit dello Snow Water Equivalent (SWE), cioè il parametro che descrive la quantità d’acqua contenuta nella neve.

Il picco dell’accumulo di neve si registra storicamente, in Italia, a metà di marzo, e avevamo dunque già segnalato come il deficit (rispetto alla media degli ultimi 12 anni) potesse definirsi stabilizzato, ad aprile, con un -64% dello SWE. «Poi, maggio ha portato l’ingrediente che è mancato nel corso di tutto lo scorso inverno: le precipitazioni. Si tratta principalmente di pioggia ma, a elevate altitudini, anche di un po’ di neve», spiega Francesco Avanzi, ricercatore dell’ambito Idrologia e Idraulica di Fondazione CIMA. «Insieme a temperature relativamente fresche per questo periodo, ciò significa che l’attuale SWE è, in effetti, il doppio di quello del 2022 per questa data in alcune aree d’Italia, come la Valle d’Aosta».

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Snow Water Equivalent sul Gran Paradiso, confronto 2022-2023

Ma questo non consente di dire che ora abbiamo abbastanza neve, e le ragioni sono principalmente due. Innanzitutto, la maggior parte della neve italiana si trova attualmente al di sopra dei 2.500 metri di quota, ossia in un’area molto limitata della nostra penisola (il 2% circa). Ciò significa che, sebbene la neve di maggio possa rappresentare una buona notizia per le alte quote (e quindi per esempio per i nostri ghiacciai), essa raramente modifica in modo significativo lo SWE a larga scala, ovvero per tutto il territorio italiano.

La seconda ragione si trova nella disomogeneità delle nevicate, che sono avvenute in modo molto diverso nelle differenti aree italiane. Per esempio, il deficit di SWE delle Alpi è molto differente tra quelle orientali e quelle occidentali, nelle quali risulta più marcato. Così, nonostante un marginale miglioramento ad alta quota, il deficit di neve in Italia rimane profondo: a oggi, i nostri ricercatori e ricercatrici lo stimano di circa -49% rispetto agli ultimi 12 anni.

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L’andamento dello Snow Water Equivalent per il fiume Po
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L’andamento dello Snow Water Equivalent a livello nazionale 

«Diciamo sempre che l’accumulo di neve deve essere visto come una maratona: deve perdurare nel tempo ed essere costante. Purtroppo, la stessa similitudine della maratona può essere applicata anche al fenomeno della siccità. Anch’essa, infatti, si sviluppa nel corso dei mesi (non bastano certo pochi giorni senza pioggia per dire che ci si trova in un periodo secco), con una mancanza di precipitazioni e un impoverimento della riserva idrica che va facendosi via via più marcato», conclude Avanzi. «E gli stessi effetti della siccità emergono nel tempo, man mano che la scarsità d’acqua si va facendo sentire sugli ecosistemi, sulle coltivazioni, sull’approvvigionamento energetico, sulla falda acquifera e quindi sui nostri fiumi. È per questa ragione che gli strumenti di monitoraggio della siccità sono così importanti e, allo stesso tempo, complessi, perché devono riuscire a tenere in considerazione tutti gli aspetti del ciclo dell’acqua, dalla riserva rappresentata da neve e ghiacciai fino al suo impiego nelle attività antropiche».

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