Un gemello digitale per il ciclo dell’acqua

Uno studio appena pubblicato, co-firmato da ricercatori di Fondazione CIMA, descrive uno dei gemelli digitali (o digital twin) più avanzati realizzati finora: si tratta di un modello idrologico che permette di ricostruire le dinamiche del ciclo dell’acqua per l’intero bacino del Mediterraneo, sviluppato per fornire uno strumento di studio e di valutazione per la gestione della risorsa idrica e per la mitigazione dei rischi legati al cambiamento climatico

Immaginate di avere un modello che vi consente di compiere ogni sorta di simulazioni: potrebbe essere un bosco vicino a casa, nel quale verificate cosa succede se cambia la vegetazione o se scoppia un incendio; potrebbe essere una città, nella quale potete scoprire come cambia il traffico modificando i semafori, o la temperatura aggiungendo alberi; potrebbe essere un fiume nel quale simulate l’andirivieni delle imbarcazioni, o le piene… O può simulare l’intero ciclo dell’acqua sul Mediterraneo, come fa il modello descritto da un uno studio appena pubblicato su Frontiers in Science, firmato da un gruppo internazionale di autori, tra cui i ricercatori Lorenzo Alfieri, Francesco Avanzi e Simone Gabellani dell’ambito Idrologia e Idraulica di Fondazione CIMA.

Lo studio presenta i risultati e le prospettive aperte dal progetto DTE Hydrology e dai successivi progetti correlati, finanziai dall’Agenzia Spaziale Europea (ESA) a partire dal 2020. L’obiettivo generale di questi progetti è la realizzazione di un modello, o più precisamente di un gemello digitale, che permetta di ricostruire il ciclo idrologico per tutto il globo, a elevata risoluzione spaziale e temporale, sfruttando la sempre più ricca e raffinata quantità di dati provenienti dai satelliti. «Il cambiamento climatico e le attività umane stanno influenzano profondamente il ciclo dell’acqua: diventa così più difficile prevedere fenomeni quali siccità e alluvioni. In quest’ottica, sistemi di studio e di supporto alla gestione della risorsa idrica sono sempre più importanti», spiegano i co-autori Alfieri, Avanzi e Gabellani.

Gemelli virtuali (e digitali)

Come avevamo già raccontato sul nostro sito, l’idea dei gemelli digitali, cioè repliche virtuali di alcuni aspetti della realtà (possono essere l’organismo umano come un bacino fluviale), attira oggi sempre più interesse nel mondo scientifico. Per quanto riguarda la ricerca in campo idrologico, l’idea è potenziare le conoscenze, gli sviluppi e la modellazione dei fenomeni geofisici usando le tecnologie ICT e d’intelligenza artificiale per sfruttare la mole di dati, sempre più vasta, che ormai abbiamo a disposizione.

INFOGRAPHIC 1 Landscape Digital Twin Earth Hydrology article FSci
INFOGRAPHIC 2 Landscape Digital Twin Earth Hydrology article FSci
INFOGRAPHIC 3 Landscape Digital Twin Earth Hydrology article FSci

Questo consentirebbe di rappresentare in modo sempre più verosimile i diversi processi e, all’interno di un gemello digitale, creare diversi scenari e situazioni che permettono di tenere in considerazione i diversi elementi che interagiscono e influenzano il ciclo dell’acqua, dalla profondità della neve all’umidità del suolo, dalle precipitazioni all’evapotraspirazione delle piante.

Sono tecnologie in divenire, ma i cui passi avanti sono significativi.

I progetti DTE Hydrology

Quello descritto nello studio appena pubblicato rappresenta a oggi uno dei gemelli digitali più avanzati sviluppati finora: è il frutto di un lungo lavoro di squadra, iniziato nel 2020 con il progetto DTE Hydrology, che aveva portato allo sviluppo di dati innovativi per la stima della precipitazione, l’umidità del suolo e l’evapotraspirazione da satellite. Il progetto è stato la base per i suoi proseguimenti ideali: 4DMED-Hydrology, appena concluso, focalizzato sull’uso dei dati di osservazione della Terra per riprodurre il ciclo dell’acqua terrestre nelle sue diverse componenti (per esempio precipitazione, umidità del suolo, deflusso superficiale e profondo); e DTE Hydrology Evolution, terminato ad aprile 2023, che ha portato alla realizzazione di un prototipo di gemello digitale validato sul bacino del Po e poi esteso per l’intero bacino del Mediterraneo. Entrambi questi ultimi due progetti sono guidati dal CNR-IRPI.

«Sebbene si tratti ancora di un prototipo, il gemello digitale realizzato nell’ambito di DTE Hydrology Evolution permette diverse operazioni di esplorazione dei dati e dei risultati. Il sistema combina i dati satellitari con i prodotti modellistici, in particolare il modello criosferico S3M e quello idrologico Continuum, entrambi sviluppati da Fondazione CIMA», continuano i tre co-autori. «Il modello è stato poi integrato in una piattaforma basata su cloud, ADAMPlatform, che può essere utilizzata per simulazioni e visualizzazioni interattive di fenomeni quali alluvioni e frane».

Insomma, uno strumento che, continuamente aggiornato con i dati più recenti, permette di valutare i rischi, simulare situazioni differenti e risultati di scelte e scenari diversi – uno strumento essenziale in un’epoca nella quale molti fenomeni naturali, compresi quelli che coinvolgono la risorsa idrica, cambiano rapidamente la loro frequenza e intensità. Come commenta in un comunicato Luca Brocca, ricercatore del CNR-IRPI e primo autore dello studio, «Collaborazioni come questa, unite a investimenti nelle infrastrutture computazionali, saranno cruciali per gestire gli effetti del cambiamento climatico e altri impatti umani».

La ricerca dei prossimi anni

Anche senza essere esperti del settore, è facile immaginare quanto possa essere complesso ricreare il ciclo dell’acqua su larga scala, con tutti i diversi elementi che entrano in gioco. Né, riportano gli autori nell’articolo, è facile capire come valutare i risultati di un gemello digitale così esteso: testarne i risultati, infatti, richiede di avere a disposizione dati osservazionali, provenienti da sensori a terra e raccolti nel corso degli anni, che ne confermino la bontà. Su una scala vasta come può essere il bacino del Mediterraneo, raccogliere i dati a terra, magari da regioni dove la rete di rilevamento è scarsa, e farlo per un tempo sufficiente a stabilire l’effettiva efficacia del gemello digitale rappresenta una sfida che dovrà essere affrontata con ulteriori ricerche.

Non è l’unica: il ruolo del machine learning (e dell’intelligenza artificiale più in generale), gli errori e le incertezze connaturati ai modelli numerici e ai prodotti satellitari, la necessità di sviluppare algoritmi che permettano ai computer di “tenere il passo” con i modelli ad alta risoluzione, sono solo alcuni degli elementi su cui sarà necessario lavorare man mano che si raffinano queste tecnologie.

Come avevamo già avuto modo di scrivere, inoltre, anche dal punto di vista della pura rappresentazione dei fenomeni ci sono tutt’oggi dei limiti da superare. È il caso dell’uso dell’acqua per le attività agricole e industriali, uso che influenza profondamente la disponibilità di questa risorsa ma tutt’altro che semplice da simulare. «L’uso umano dell’acqua richiederebbe dati a risoluzione ancora più elevata di quella attuale, da un chilometro a cento metri circa», spiegano i ricercatori di Fondazione CIMA.

«D’altronde, l’obiettivo finale di questo tipo di progetto tanto ambizioso quanto cruciale: si tratta infatti di attività che contribuiscono all’iniziativa della Commissione europea Destination Earth (DestinE), che mira a sviluppare un Digital Twin a scala globale per replicare non solo il ciclo dell’acqua ma tutti i principali fenomeni naturali e la loro interazione con le attività umane», concludono Alfieri, Avanzi e Gabellani. «In sostanza, un gemello terrestre che permetta uno studio realistico dei rischi per studiare le adeguate strategie di mitigazione e adattamento».

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