Siccità in Italia: cosa sta succedendo?

I nostri ricercatori e le nostre ricercatrici stanno seguendo la siccità che interessa l’Italia e altre aree dell’Europa in questo periodo: cerchiamo di capire con loro alcuni degli elementi più importanti di questo fenomeno, tra cause e possibili conseguenze 

Da alcuni mesi, le precipitazioni in Italia e in altre aree d’Europa sono state molto scarse, determinando una condizione di siccità in vari paesi. I nostri ricercatori e le nostre ricercatrici stanno raccogliendo e studiando da vicino questo fenomeno per raccogliere informazioni che possano supportare lo sviluppo di future strategie di adattamento.  

La siccità di gennaio 2022 tra cause… 

Uno dei primi aspetti da valutare è: quando si può propriamente parlare di siccità? Qual è, in altre parole, la distinzione tra un periodo in cui ha semplicemente piovuto poco e quando invece la situazione richiede maggiore attenzione? «Di solito, con il termine siccità ci si riferisce a un periodo nel quale le precipitazioni sono state insolitamente basse per quel dato momento dell’anno e in una determinata area geografica. Se nel deserto del Sahara, per esempio, la mancanza di pioggia anche per un anno non è un’anomalia, la stessa condizione in Italia sarebbe drammatica. Ci sono poi alcuni parametri specifici che teniamo in considerazione nel monitoraggio e nello studio della siccità: primi tra tutti, le precipitazioni e l’umidità del suolo. A questi parametri se ne possono aggiungere altri, come lo stato di salute della vegetazione – che rimane però a cavallo tra un effetto e un indicatore – e la portata dei fiumi», spiega Gustavo Naumann, ricercatore dell’ambito Idrologia e Idraulica che da anni si occupa della siccità. «Comunque, dopo due mesi nei quali le precipitazioni sono state pressoché nulle, possiamo senz’altro parlare di una siccità che interessa diverse aree europee, tra cui l’Italia, in particolare il Piemonte e il ponente della Liguria». 

Se alcuni degli elementi che definiscono un periodo di siccità sono facili da intuire (è il caso della mancanza di pioggia), andare a guardare più nel dettaglio i meccanismi che li determinano rappresenta un passaggio fondamentale per caratterizzare e comprendere  il fenomeno. In questo periodo, spiega Massimo Milelli, referente dell’ambito Meteorologia e Clima, «il problema principale è rappresentato da un anticiclone, ossia un blocco di alta pressione che persiste sul Mediterraneo occidentale che determina temperature superiori alla norma e allo stesso tempo scherma l’area dalle perturbazioni provenienti dall’Atlantico. L’anomalia non è la presenza dell’anticiclone ma la sua prolungata persistenza. Capire a scala globale le ragioni di questo fenomeno è tuttavia complesso e richiede la valutazione di diversi fattori nel corso del tempo».  

Oltre alla pioggia, inoltre, non bisogna dimenticare il fondamentale ruolo della neve e del ghiaccio nell’influenzare la disponibilità d’acqua. E purtroppo, se l’inizio dell’inverno aveva visto nevicate tutto sommato nella media, gennaio è stato un mese straordinariamente avaro di neve. “Dai dati che abbiamo raccolto finora a scala nazionale, possiamo stimare che in montagna vi sia circa la metà della neve presente nel 2021”, spiega Francesco Avanzi, ricercatore dell’ambito Idrologia e Idraulica ed esperto in idrologia della neve. “Questo pone un problema importante soprattutto in prospettiva: meno neve e meno ghiaccio si traducono in meno acqua in primavera, soprattutto se consumiamo adesso questa forma di riserva idrica. A ciò si aggiunge il problema dei ghiacciai, sempre più ridotti, per cui ci troviamo a usare oggi il ghiaccio che si era formato ormai svariati anni fa”.  

C’è un’altra domanda che è inevitabile porsi: si può già parlare di un effetto del cambiamento climatico? Possiamo mettere in relazione l’attuale siccità con il riscaldamento globale? In realtà, un singolo evento non permette di stabilire una correlazione scientificamente valida e, più in generale, lo studio del clima deve basarsi su dati raccolti nel tempo. «La causalità  associata al cambiamento climatico va, al momento, presa con la dovuta cautela», spiega Anna Napoli, dottoranda dell’ambito Meteorologia e Clima. «Ciò che possiamo dire al momento è, comunque, che diversi studi condotti nell’area del Mediterraneo evidenziano come i fenomeni di siccità siano aumentati progressivamente negli anni. Anche le proiezioni climatiche suggeriscono che nella regione mediterranea  i fenomeni di siccità potrebbero essere più frequenti e intensi rispetto al passato. Quindi, ciò che possiamo fare è considerare questo evento come una sorta di “palestra” per ciò che potremmo dover fronteggiare in futuro». 

… E conseguenze 

Gli studi di Fondazione CIMA sull’attuale siccità servono a raccogliere quante più informazioni possibili per capire e riuscire quindi a gestire al meglio questi eventi. Rientrano inoltre tra le attività previste da progetti internazionali cui partecipiamo. «Questi progetti prevedono, tra le altre cose, lo sviluppo di un database degli impatti della siccità e di mappe di rischio per i diversi settori socio-economici che ne possono essere interessati», spiega Naumann. «E i settori interessati sono moltissimi, dall’agricoltura al turismo, fino ai servizi ecosistemici».  

«Un elemento fondamentale da tenere in considerazione quando si parla di siccità, infatti, è che a differenza di altri fenomeni (come le alluvioni) gli effetti non sono immediatamente visibili, ma si osservano a distanza di mesi: per esempio, a gennaio gli effetti sull’agricoltura possono risultare ancora poco evidenti, ma potrebbero farsi sentire tra qualche mese, quando molte piante di norma germogliano e maturano», continua il ricercatore.  

È bene ricordare, tuttavia, che le condizioni meteorologiche si modificano continuamente nel tempo, ed è per questa ragione che non possiamo prevedere con certezza, ad oggi, come evolverà la situazione. «Per esempio, nel 2021 in Valle d’Aosta abbiamo assistito a un ‘secondo inverno’ che ha portato nevicate primaverili », commenta Avanzi. «Se ciò avvenisse di nuovo, potremmo almeno in parte ripristinare la riserva idrica rappresentata dalla neve». 

Allo stesso tempo, la continua evoluzione dei fenomeni meteorologici e climatici fa sì che risulti particolarmente importante avere conoscenze scientifiche quanto più possibile complete ed aggiornate, che permettano di supportare lo sviluppo di piani di adattamento e resilienza a livello europeo, nazionale e regionale. «Proprio per questo,  cerchiamo di capire come la siccità possa influenzare i vari settori economici e come fare fronte agli impatti”, spiega ancora Gustavo Naumann che, in una recente intervista a Il Secolo XIX, ha citato alcuni esempi di strategie che contribuiscono a mitigare il rischio e gli effetti della siccità. Tra queste vi è per esempio la riforestazione, perché le foreste aiutano a regolare il flusso dell’acqua e le risorse idriche attraverso i loro servizi ecosistemici legati all’idrologia, o la scelta di un’agricoltura basata su specie che richiedono meno acqua per crescere. “In questo contesto, è importante ricordare che alcune azioni impiegate per far fronte alla siccità possono rientrare della cosiddetta maladaptation, cioè soluzioni che possono avere effetti negativi: è il caso della desalinizzazione, che richiede un grosso dispendio energetico». Come ricorda anche un recente studio firmato tra gli altri da Lorenzo Alfieri, altro ricercatore di Fondazione CIMA, infatti, il benessere della nostra specie e quello degli ecosistemi è legato ad un doppio filo. 

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