Acqua per noi, acqua per gli ecosistemi: uno studio sul rischio di stress idrico a livello globale

In un lavoro appena pubblicato su The Lancet Planetary Health, i ricercatori impiegano un modello idrologico globale per stimare la popolazione a rischio di condizioni di stress idrico, se si vuole garantire la sopravvivenza degli ecosistemi e quindi dei fondamentali servizi che ci forniscono. I risultati indicano che percentuali importanti della popolazione globale corrono questo rischio; è dunque fondamentale trovare strategie per garantire il bilanciamento della risorsa idrica tra noi e gli ecosistemi

Abbiamo abbastanza acqua per assicurarne a tutti la quantità necessaria e, al contempo, garantirne a sufficienza agli ecosistemi? È questa, in termini generali, la domanda cui cerca di rispondere uno studio appena pubblicato su The Lancet Planetary Health, guidato dai ricercatori del Joint Research Centre (JRC) della Commissione europea, e che vede tra gli autori Lorenzo Alfieri, ricercatore del nostro ambito Idrologia e Idraulica.

Impiegando un modello idrologico globale, che permette cioè di monitorare tutti i fiumi del pianeta, gli autori hanno provato a fare delle stime: purtroppo, dai loro risultati emerge che, se si assicura acqua a sufficienza per il benessere degli ecosistemi, percentuali significative della popolazione mondiale andranno incontro a stress idrico (e viceversa).

Questi risultati non sono incoraggianti, tanto più se si considera che per molti aspetti possono rappresentare delle sottostime del problema, che potrebbe aggravarsi principalmente a causa dell’aumento della popolazione globale e dei potenziali effetti avversi del cambiamento climatico. Tuttavia, sono dati essenziali per lo sviluppo di strategie che contribuiscano a mitigare il problema e raggiungere il sesto degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’Agenda 2030: Garantire a tutti la disponibilità e la gestione sostenibile dell’acqua e delle strutture igienico-sanitarie.

L’acqua nei fiumi, per gli umani e per gli ecosistemi

Nell’ultimo secolo, a livello globale la richiesta d’acqua è andata aumentando, sia a causa dell’aumento della popolazione del pianeta sia a causa del maggiore uso che se ne fa a scopi agricoli, industriali, per la produzione di energia, per l’allevamento e così via. La mancanza di questa risorsa rappresenta una minaccia per la popolazione, aggravata dal possibile effetto dei cambiamenti climatici sulla disponibilità della risorsa idrica. Ma l’acqua non è, naturalmente, essenziale solo per le attività antropiche: è alla base della vita e del benessere di moltissime altre specie, animali e vegetali, e degli ecosistemi in cui vivono e di cui fanno parte. Poiché gli ecosistemi ci garantiscono un vasto insieme di servizi, il nostro e il loro benessere risulta legato a doppio filo, ed è sempre più importante capire come si possano bilanciare le necessità idriche degli uni e degli altri.

È proprio a questo problema che si dedica il nuovo studio: «Abbiamo confrontato le richieste d’acqua per uso antropico, a livello globale, con tre indicatori di “minimo deflusso vitale” (MDV, o environmental flow in inglese), che di fatto rappresenta l’acqua che i fiumi devono garantire per assicurare la sopravvivenza degli ecosistemi», spiega Lorenzo Alfieri. «L’MDV, in realtà, non è semplice da stimare e nella letteratura scientifica se ne trovano diversi. Nel nostro studio, ne abbiamo impiegati tre tra quelli più comunemente impiegati e accettati». Questo approccio ha permesso ai ricercatori di creare scenari diversi – in altre parole, di cercare di capire quanta risorsa idrica rimarrebbe a disposizione delle nostre necessità a seconda che gli ecosistemi necessitino di un quantitativo d’acqua più o meno elevato.

I dati sono stati impiegati nel modello idrico globale LISFLOOD, grazie al quale gli autori dello studio hanno calcolato la quantità d’acqua che sarebbe stata disponibile senza la presenza antropica nel periodo 1980-2018; quindi hanno usato questa stima per calcolare quale sarebbe stato il bilancio aggiungendo l’impiego a uso umano (usando come dati quelli riferiti al 2010).

Le stime sullo stress idrico

«Le nostre stime mostrano che una percentuale di persone compresa tra il 32% e il 46% della popolazione mondiale si troverebbe ad affrontare una condizione di stress idrico, cioè in cui l’acqua disponibile non è sufficiente rispetto alle sue necessità, per almeno un mese all’anno. La percentuale varia a seconda del minimo deflusso vitale considerato: se applichiamo un MDV molto cautelativo, cioè che prevede un quantitativo d’acqua maggiore per la sopravvivenza degli ecosistemi, infatti, ne rimarrà meno per l’uso antropico», spiega ancora Alfieri. «L’Asia sarebbe la regione più interessata dal fenomeno: abbiamo calcolato che circa l’80% delle persone che dovrebbero affrontare lo stress idrico vivono in questo continente, e in particolare in India, Pakistan e Cina».

I dati ottenuti dai ricercatori rappresentano in un certo senso una fotografia di un determinato periodo; questo significa anche che, in realtà, possono essere sottostimati rispetto a quelli che si potrebbero ottenere con dati di oggi: la popolazione, infatti, è andata aumentando negli anni, e con essa la richiesta d’acqua. Sarà dunque necessario condurre altri studi per tenere in considerazione le proiezioni socio-demografiche e anche per cercare di capire come il cambiamento climatico possa influenzare la disponibilità di risorsa idrica. Inoltre, scrivono gli stesi autori del lavoro, sarà importante completare la valutazione con stime eseguite a livello locale e regionale.

«In generale, comunque, questi risultati forniscono un’indicazione molto chiara per le strategie future: sarà necessario un grande impegno per garantire un bilanciamento tra la richiesta d’acqua a uso antropico, così da evitare che una parte consistente della popolazione debba affrontare condizioni di stress idrico, e quella necessaria per garantire la sopravvivenza degli ecosistemi», conclude il ricercatore. «D’altronde, l’importanza di questo obiettivo è anche già riconosciuta nell’Agenda 2030, e in particolare dal target 6.4, che mira a ridurre le persone che si trovano in condizioni di stress idrico».

Per saperne di più, qui la news su JRC Science Hub

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