Neve, una situazione in peggioramento per l’Italia

A febbraio, il deficit di Snow Water Equivalent nazionale è del -64%: i dati peggiori si registrano per gli Appennini, ma la situazione di scarsità di neve caratterizza tutta la penisola e, sulle Alpi (fondamentali anche per l’approvvigionamento idrico del bacino del Po), il deficit è del -63%, paragonabile a quello dello scorso anno

Non perdiamo di vista la neve: com’è a oggi la situazione italiana? Fondazione CIMA sta monitorando le condizioni dello Snow Water Equivalent (SWE), ossia l’acqua contenuta nella neve, che rappresenta un’indicazione preziosa sulla quantità di riserva idrica su cui potremo contare in primavera e in estate.

Dopo gli aggiornamenti di dicembre 2023 e gennaio 2024, proseguiamo qui con la pubblicazione dei dati di febbraio, così da seguire la situazione – e valutarne il miglioramento o, viceversa, il peggioramento a seconda delle condizioni meteoclimatiche che si presentano. E, purtroppo, oggi riportiamo proprio un peggioramento: se, infatti, un mese fa lo SWE a livello nazionale registrava un deficit del -39% (dato comunque poco consolante), attualmente il deficit risulta del -64%, quindi ben più marcato.

«Questa condizione va fatta risalire al tempo mite e secco, soprattutto nella seconda metà di gennaio, che ha aggravato un deficit preesistente: secondo le nostre stime, hanno portato a una fusione anticipata dell’ordine di 1 miliardo di metri cubi di acqua in neve nella seconda metà di gennaio. Purtroppo, la scarsità di neve ha caratterizzato i nostri monti per tutti gli ultimi tre anni», spiega Francesco Avanzi, ricercatore dell’ambito Idrologia e Idraulica di Fondazione CIMA.

Le condizioni peggiori sono quelle degli Appennini dove, si potrebbe dire, la stagione della neve è “non pervenuta”: l’esempio più eclatante è quello del bacino del Tevere, che registra un deficit di SWE del -93%, con condizioni stazionare da novembre, quando vi è stata l’ultima nevicata significativa. Più in generale, per la regione Abruzzo, che rappresenta un indice per l’Appennino centrale, il deficit è del -85%, in forte peggioramento rispetto a gennaio.

«Le cose non vanno meglio fuori dall’Appennino centrale. Il fiume Simeto, il principale della Sicilia orientale, registra un deficit del -61%, perché dopo le prime nevicate di gennaio il rialzo delle temperature ha portato a una fusione precoce della neve», spiega Avanzi. «La neve di quest’area è solo una piccola parte di quella del territorio nazionale, ma è indice di una siccità generalizzata per la Sicilia».

Né la situazione migliora se si guarda alle Alpi, dove il deficit complessivo (-53%) è solo di poco meno marcato che a livello nazionale e molto simile a quello dello scorso anno in questo stesso periodo. «Vale la pena ricordare che la neve alpina è particolarmente importante per l’approvvigionamento idrico italiano, perché alimenta anche il bacino del Po», commenta Avanzi. «Bacino che, attualmente, registra un deficit di SWE del -63% rispetto agli ultimi 12 anni».

Insomma, le scarse nevicate degli ultimi mesi non sono state minimamente sufficienti a risollevare il deficit – e questo non dovrebbe stupire, perché l’accumulo di neve va visto come una maratona, che deve andare avanti nel tempo, e, come afferma Avanzi, «Una nevicata non fa inverno».

«Statisticamente, il periodo di fusione inizia a marzo. Proprio di recente, ricercatori e ricercatrici di Fondazione CIMA hanno pubblicato due articoli interdisciplinari, l’uno con un punto di vista giuridico e l’altro scientifico, nei quali si metteva in evidenza comuna delle cause principali della siccità del 2022 fosse la mancata fusione nivale in primavera e a inizio estate», conclude Avanzi. «Monitorare la situazione è quindi fondamentale per sapere su quali risorse potremo contare quest’anno».

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