Neve: la situazione migliora sulle Alpi, ma non sugli Appennini: il deficit è ancora del 40%

Proseguiamo i nostri aggiornamenti sullo stato della neve in Italia (e dunque della riserva idrica che rappresenta). A gennaio, le nevicate sull’arco alpino hanno portato a un parziale miglioramento della situazione, mentre negli Appennini il deficit rimane marcato. E, purtroppo, lo stesso vale per la situazione a livello nazionale

Il nuovo anno è iniziato da poco ma, se c’è un aspetto per il quale non sembra discostarsi dai precedenti, è la scarsità di neve. Dall’ormai consueto monitoraggio svolto da Fondazione CIMA, infatti, emerge una situazione con uno Snow Water Equivalent (SWE), o Equivalente Idrico Nivale (il valore che descrive l’acqua contenuta nella neve), ancora in deficit significativo rispetto agli anni passati, nonostante un leggero miglioramento rispetto a quanto descritto a dicembre.

Andiamo a vedere la situazione in maggior dettaglio. Se a dicembre le analisi condotte da Fondazione CIMA indicavano un deficit del -44% a livello nazionale, oggi il valore è in lieve ripresa: -39%. Insomma, meglio rispetto a un mese fa, ma molto peggio rispetto al periodo 2011-2021. «Come evidenziamo sempre, i due fattori principalmente responsabili della scarsità (o dell’abbondanza!) di neve sono le temperature e le precipitazioni. Dobbiamo il deficit attuale, che purtroppo non è una novità rispetto agli inverni scorsi, a temperature alte associate a precipitazioni scarse», spiega Francesco Avanzi, ricercatore dell’ambito Idrologia e Idraulica di Fondazione CIMA. «L’anomalia di temperatura è stata particolarmente significativa sull’arco appenninico, nel quale, tra ottobre e dicembre, si sono registrate temperature di anche +2,5 °C superiori rispetto alla media».

In effetti, al momento si osservano differenze significative a livello locale e soprattutto tra le aree alpine e le appenniniche. Per le prime, infatti, il 2024 si è aperto con buone nevicate, che hanno, almeno in parte, compensato la scarsità di neve. Sulle Alpi, dalla Liguria al Friuli Venezia-Giulia, il deficit attuale è dunque del -26% rispetto alla media storica: sempre un deficit, certo, ma che descrive una situazione migliore di quella dello scorso anno quando, proprio in questo stesso periodo, il deficit alpino era del -67%.

Peggiore la situazione sugli Appennini, dove precipitazioni scarse e non in grado di colmare la mancanza di neve si sono unite alle elevate temperature degli ultimi mesi. «Si tratta di una situazione paragonabile a quella dello scorso inverno», commenta Avanzi. «In particolare, nelle zone montuose che alimentano per esempio il fiume Tevere, negli Appennini centrali, abbiamo circa il 10% della risorsa idrica nivale che ci aspetteremmo per questo periodo (quindi un deficit di quasi il 90%)».

Inoltre, è importante segnalare che, nonostante una situazione sulle Alpi globalmente migliore rispetto allo scorso anno, il bacino del Po continua a registrare deficit importanti nello SWE: – 43%. Si tratta di un dato di cui non possiamo non tenere conto, perché il principale bacino della nostra penisola è proprio quello del Po.

«Abbiamo di fronte a noi ancora qualche mese utile per eventuali nevicate, che potrebbero almeno in parte colmare i deficit attuali; per gli Appennini, soprattutto, sono di solito i mesi tra gennaio e febbraio quelli più nevosi», conclude Avanzi. «Il deficit a livello nazionale, tuttavia, è davvero marcato e difficilmente potremo rientrare, da qui all’inizio della primavera, nelle medie storiche: come diciamo sempre, infatti, la neve va intesa come una maratona, uno “sforzo” che avviene nel lungo periodo. Soprattutto, è importante evidenziare come questa situazione di scarsità di neve, che determina una minor disponibilità dell’acqua in essa contenuta, si ripeta ormai da diversi anni. È un segnale coerente con quanto la ricerca in climatologia sostiene da tempo, e che vediamo verificarsi in modo sempre più evidente: la crisi climatica altera il pattern delle precipitazioni, neve inclusa, e questo avrà un impatto inevitabile su molte nostre attività, dal turismo invernale all’agricoltura».

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