Un (altro) anno senza neve?

Le temperature miti in autunno e in inverno, unite alla scarsità di precipitazione in forma di neve, hanno portato a un forte deficit dello stock idrico nivale (la quantità d’acqua presente in forma di neve), per il secondo anno consecutivo. Ne parliamo con il nostro ricercatore Francesco Avanzi

Anche quest’anno, poca neve sulle Alpi. E le immagini delle piste da sci ridotte a misere strisce di neve artificiale non sono solo un segnale di problemi per il turismo: in effetti, la scarsità di precipitazione in forma di neve sulle Alpi può essere un problema grave anche per quanto riguarda la gestione della risorsa idrica, perché significano che la riserva d’acqua rappresentata dalla neve scarseggia.

La condizione della neve che apre questo 2023 è tutt’altro che buona, tanto più se si considera che, come abbiamo avuto modo di ricordare in diverse occasioni (per esempio qui e qui), già lo scorso anno nel nostro paese si è registrato un deficit significativo di precipitazione nevosa. Sulle Alpi, i ghiacciai e i nevai fanno da “serbatoio” per l’acqua che alimenta il bacino del Po, accumulandola con le nevicate invernali e fornendola poi a valle durante la fusione primaverile, quando è maggiormente necessaria per le coltivazioni. L’attuale scarsità di neve su questi monti implica, quindi, il rischio di una carenza d’acqua nei prossimi mesi: ma quanto è grave questo deficit al momento?

Pur tenendo presente che eventuali nevicate nei mesi prossimi possono parzialmente colmare le mancanze, i dati raccolti dai nostri ricercatori e ricercatrici suggeriscono che il deficit sia piuttosto significativo. L’acqua contenuta nella neve, descritta da un parametro definito stock idrico nivale, è infatti circa il 69% in meno, su scala nazionale, rispetto agli ultimi undici anni – addirittura il 29% in meno rispetto al 2022, anno che pure aveva già segnato un deficit storico.

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Figura 1: andamento dello stock idrico nivale nazionale. La linea rossa rappresenta lo stock idrico nivale per la stagione in corso, totale su tutto il territorio nazionale. La linea tratteggiata rappresenta lo stock idrico nivale totale per la scorsa stagione, mentre la linea nera e la banda grigia rappresentano, rispettivamente, la media sul periodo storico e la variabilità interannuale

«Nello spiegare questa scarsità di neve sono complici le temperature particolarmente elevate, sia in autunno sia negli ultimi mesi dello scorso anno, che hanno portato prima a un ritardo della stagione nivale e poi un’anticipata fusione della poca neve presente al momento», commenta Francesco Avanzi, ricercatore dell’ambito Idrologia e Idraulica di Fondazione CIMA. «Peraltro, la fusione anticipata della neve potrebbe ridurre in modo importante l’acqua disponibile in primavera e in estate: per compensare questa possibile scarsità d’acqua, servirebbero quindi, nei prossimi mesi, precipitazioni più abbondanti rispetto alla media stagionale».

Questa situazione riguarda sia l’arco alpino – particolarmente importante per il suo ruolo di approvvigionamento idrico del bacino del Po – sia, e in misura ancora maggiore, gli Appennini. Nelle Marche, in Abruzzo e in Molise, infatti, si stima che lo stock di approvvigionamento idrico sia minore rispettivamente del 97%, 84% e 92% rispetto alla media degli ultimi undici anni. «Vale la pena comunque sottolineare che, in genere, le aree appenniniche ricevono la maggior parte della neve negli ultimi mesi d’inverno. Deficit così significativi, tuttavia, sono difficili da colmare completamente», spiega ancora Avanzi.

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Figura 2: andamento dello stock idrico nivale alpino. La linea rossa rappresenta lo stock idrico nivale per la stagione in corso, totale su tutte le alpi italiane. La linea tratteggiata rappresenta lo stock idrico nivale totale per la scorsa stagione, mentre la linea nera e la banda grigia rappresentano, rispettivamente, la media sul periodo storico e la variabilità interannuale
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Figura 3: andamento dello stock idrico nivale marchigiano. La linea rossa rappresenta lo stock idrico nivale per la stagione in corso. La linea tratteggiata rappresenta lo stock idrico nivale totale per la scorsa stagione, mentre la linea nera e la banda grigia rappresentano, rispettivamente, la media sul periodo storico e la variabilità interannuale
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Figura 4: andamento dello stock idrico nivale abruzzese. La linea rossa rappresenta lo stock idrico nivale per la stagione in corso. La linea tratteggiata rappresenta lo stock idrico nivale totale per la scorsa stagione, mentre la linea nera e la banda grigia rappresentano, rispettivamente, la media sul periodo storico e la variabilità interannuale
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Figura 5: andamento dello stock idrico nivale molisano. La linea rossa rappresenta lo stock idrico nivale per la stagione in corso. La linea tratteggiata rappresenta lo stock idrico nivale totale per la scorsa stagione, mentre la linea nera e la banda grigia rappresentano, rispettivamente, la media sul periodo storico e la variabilità interannuale

Le valutazioni della situazione attuale si basano su due strumenti sviluppati da Fondazione CIMA: uno è il modello S3M, che permette di descrivere l’evoluzione nel tempo del manto nevoso e dei ghiacciai ed è accoppiato a un modello idrologico, così da poter essere usato anche per descrivere gli scenari di disponibilità d’acqua. Il secondo strumento è IT-SNOW, una rianalisi delle condizioni d’innevamento sul territorio nazionale ottenuta integrando sia i dati provenienti dalle reti a terra sia quelli provenienti dai satelliti, così da avere le stime storiche per una valutazione più contestuale della situazione e coerenti per tutta l’Italia.

«Complessivamente, ciò che emerge dalle nostre valutazioni è un grave deficit di neve, che possiamo quantificare a circa 4 miliardi di m3 d’acqua – l’equivalente del 16% del Lago Maggiore», conclude Avanzi. «Questa scarsità di neve si può tradurre in una serie di conseguenze a medio e lungo termine, che interessano sì il turismo invernale, ma anche l’agricoltura in primavera ed estate, e ancora, per esempio, lo stato di salute dei ghiacciai, già in forte riduzione, ai quali la neve fornisce una protezione contro la fusione. Purtroppo, non possiamo considerare questa situazione come una sorpresa, perché è coerente con quanto il mondo scientifico sostiene da anni: i cambiamenti climatici hanno un effetto importante sui fenomeni atmosferici, alterando, tra le altre cose, il regime di precipitazione. Anche gli scenari realizzati da Fondazione CIMA per la Liguria, la Val d’Aosta e le Marche suggeriscono chiaramente una forte riduzione degli innevamenti da ora ai prossimi anni».

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