Neve: deficit nazionale al -29%. Migliora la situazione sulle Alpi

Le nevicate degli ultimi giorni hanno ridotto il deficit dello Snow Water Equivalent nazionale, l’acqua contenuta nella neve, che fornisce un indicatore dell’acqua disponibile per i mesi primaverili ed estivi. La situazione è migliorata soprattutto sulle Alpi, mentre il deficit rimane marcato sugli Appennini

Marzo si è aperto con la pioggia e, alle altitudini maggiori, con la neve. Dopo mesi nei quali, come abbiamo riportato, il monitoraggio di Fondazione CIMA rilevava un grave deficit di neve (o, più precisamente, dell’acqua contenuta nella neve, lo Snow Water Equivalent o SWE), questa appare senza dubbio come una buona notizia dal punto di vista della risorsa idrica. Ma possiamo dire di aver scongiurato la siccità per i mesi primaverili ed estivi? Cerchiamo di dare un quadro più preciso della situazione, basandoci sui dati che abbiamo raccolto e analizzato in questi giorni.

A metà febbraio, abbiamo definito la situazione italiana in peggioramento rispetto alla fine del 2023 e l’inizio del 2024, con un deficit di SWE del -64%. Oggi, invece, stimiamo un deficit del -29%: una ripresa decisamente significativa, ma che indica pur sempre un certo deficit rispetto all’ultimo decennio.

Questo per quanto riguarda la situazione a livello nazionale. A livello locale, però, il quadro è più variegato: le condizioni migliori sono quelle dell’arco alpino, dove il deficit è del -21%, e peggiori per gli Appennini, dove il deficit è del -78% (il valore è riferito all’Abruzzo, che rappresenta un indice per l’area dell’Appennino centrale). La situazione relativamente buona delle Alpi può essere ricondotta alle abbondati precipitazioni che, a febbraio, hanno interessato in nord della penisola. È rimasto invece più “all’asciutto” il centro-sud, da cui la copertura nivale pressocché nulla sugli Appennini, tranne che alle quote più alte.

«È una situazione sicuramente più positiva rispetto a quella degli scorsi mesi, e anche rispetto allo scorso anno, e ha portato un miglioramento anche per i fiumi alpini. Per il Po, la riserva idrica nivale più importante d’Italia, il deficit è oggi del -11%, nell’ordine di quella che può essere una normale variabilità interannuale a questo punto della stagione», commenta Francesco Avanzi, ricercatore di Fondazione CIMA. «Inoltre, il deficit, seppur ancora presente, è meno marcato alle quote più elevate, quelle dalle quali proviene la “scorta” d’acqua durante la primavera e l’estate».

«Questa situazione positiva va però letta avendo bene in mente un’importante considerazione, e cioè che febbraio è stato, sì, un mese molto piovoso. Ma è stato anche un mese molto caldo», continua Avanzi. Infatti, spiega il ricercatore, l’inverno 2023-2024 ha registrato importanti anomalie termiche, che nel Nord Italia hanno toccato punte di anche +3,5°C rispetto all’ultima decina d’anni. Questo implica che la neve che è riuscita ad accumularsi potrebbe poi essere soggetta a una fusione precoce.

Cosa aspettarsi, quindi, per i prossimi mesi? Possiamo già prevedere come evolverà la situazione? «In realtà, con l’avvicinarsi della primavera si entra in un periodo di transizione nel quale è possibile si verifichino nuove nevicate (a partire già da questo secondo fine settimana di marzo). Storicamente, in Italia, il picco dell’accumulo di neve si verifica a metà marzo. A questi ultimi periodi di nevicate si accavallano però i periodi di fusione», risponde Avanzi. «Le stime si fanno quindi più complicate: è necessario continuare a monitorare attentamente la situazione, anche perché sappiamo che quello della siccità è un fenomeno lento a svilupparsi nel tempo e le condizioni locali non sono sempre rappresentative del resto del Paese».

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