Acqua, dal conflitto alla cooperazione

Il tema scelto quest’anno per la Giornata Mondiale dell’Acqua è Water for Peace: una risorsa a rischio può trasformarsi da ragione di conflitto a opportunità di cooperazione. Un processo sicuramente complesso, come ha evidenziato anche un recente studio giuridico di Fondazione CIMA

Water can create peace or spark conflicts, l’acqua può creare la pace o suscitare i conflitti. È da questa considerazione che le Nazioni Unite hanno scelto di dedicare quest’anno la Giornata Mondiale per l’Acqua al tema “Acqua per la pace”. Uno spunto di riflessione sul ruolo della risorsa idrica, sempre più a rischio, come veicolo per la cooperazione e l’equità – e non solo nelle regioni storicamente interessate da problemi di scarsità d’acqua.

La crisi climatica, unita a un intenso utilizzo dell’acqua per le attività umane, ha portato l’Europa tra le aree che potrebbero sperimentare conflitti legati a questa risorsa, come almeno in parte ha mostrato anche la siccità del 2022.

E in Italia?

Un modo per iniziare a rispondere a queste domande è analizzare la gestione della siccità del 2022, passata principalmente attraverso l’emanazione di ordinanze d’emergenza. È quanto hanno fatto ricercatori e ricercatrici di Fondazione CIMA, in collaborazione con il Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Genova. La loro analisi, pubblicata sulla rivista giuridica Consulta Online, raccoglie e classifica le ordinanze emesse per la gestione dell’acqua nell’area del bacino del Po, la più colpita dalla siccità del 2022, cercando di valutarne la distribuzione spaziale e temporale, il significato e l’efficacia reale che hanno assunto.

L’analisi delle ordinanze

È ormai noto che le siccità, a causa dei cambiamenti climatici, stanno diventando più frequenti e intense in varie aree del pianeta. Tra queste, il bacino del Mediterraneo che, secondo i modelli previsionali, sarà interessato da una diminuzione delle precipitazioni. Anche il monitoraggio che, come Fondazione CIMA, portiamo avanti sulla neve punta in questa direzione: negli ultimi anni ha evidenziato un continuo deficit di neve – e, di conseguenza, dell’acqua in essa contenuta, pregiudicando l’approvvigionamento idrico in primavera ed estate.

In questo contesto, «Le ordinanze emesse durante la siccità del 2022 rappresentano lo strumento regolatorio scelto delle amministrazioni locali per far fronte all’emergenza e bilanciare gli interessi, pubblici e privati, legati a una risorsa – quella idrica – in un momento in cui era molto limitata», spiegano e Francesca Munerol e Margherita Andreaggi, co-autrici dell’articolo e ricercatrici di Fondazione CIMA. «La loro stessa emanazione, in effetti, indica come quei territori possano essere teatro di conflitti per la gestione dell’acqua (anche a causa della forte dipendenza dalla risorsa idrica nivale, sempre più scarsa), perché mostra come il decisore pubblico abbia sentito la necessità di assumere provvedimenti per diminuire e stabilire la priorità dell’uso di acqua».

Lo studio ha raccolto gli atti statali, ma anche regionali (emessi da Lombardia, Emilia-Romagna, Piemonte, Valle d’Aosta, che coprono circa il 90% del bacino del Po) e comunali. Dall’analisi di questi ultimi è emerso che il 44% dei comuni ha emesso ordinanze contingibili (strumento giuridico d’urgenza) per affrontare gli impatti della siccità; la risposta più attiva è stata dove le regioni hanno fornito modelli o schemi di ordinanze ai comuni. Emerge anche come vi sia una generale mancanza di omogeneità di contenuti: alcune paiono poco efficaci nelle misure preventive proposte, mentre altre sono utili a ridefinire l’uso dell’acqua tra i diversi utilizzatori ma prevedono strategie differenti (dalla richiesta di controllare il funzionamento degli impianti irrigui a uso privato a favore di quelli a vocazione economica, al divieto di usare l’acqua potabile per giardini o campi sportivi).

I “semi di conflitto”

Ma gli aspetti più rilevanti che emergono da questa analisi riguardano il ruolo e il tempismo delle ordinanze. Infatti, i segnali che l’estate sarebbe stata caratterizzata da una grave scarsità d’acqua erano già evidenti dalle scarse precipitazioni invernali. Tuttavia, quasi il 70% delle ordinanze è stato emesso solo a giugno, perfino verso la fine del mese, rivelando la mancanza sia di una pianificazione a lungo termine comunale, sia di uno scarso coordinamento regionale. «In parte anche per questa ragione, le ordinanze sono state di fatto elementi che hanno creato, o addirittura esacerbato, conflittualità ancora maggiori sull’utilizzo dell’acqua. Oltre a essere state emanate tardivamente, sono state spesso arbitrarie nei contenuti, proprio a causa della mancanza di pianificazione a livello più alto, e dunque in sostanza inefficaci per lo scopo preventivo o di limitazione dello spreco d’acqua, anche per l’impossibilità dei comuni di verificarne il rispetto», spiegano Munerol e Andreaggi.

Sulla base di queste considerazioni, lo studio conclude identificando proprio nei provvedimenti presi nel corso della siccità del 2022 i “semi di conflitto”, che rappresentano indicatori degli impatti giuridico-sociali della siccità. Il gruppo di ricerca li definisce come fatti o azioni che rappresentano una causa del conflitto sull’acqua o che aggravano conflitti già esistenti, senza necessariamente averne l’intenzione o che vi siano azioni violente. In altre parole, ci aspettiamo che in Europa emergeranno conflitti legati alla risorsa idrica, senza che ciò sia reso evidente da azioni violente, accompagnati da provvedimenti giuridici emergenziali che non riescono a gestire i bisogni differenti degli agricoltori, dei privati cittadini, degli enti pubblici e dei soggetti economici.

«La siccità del 2022 è stata una delle molte dimostrazioni di quanto sia ormai urgente adottare strategie e misure di ampio respiro, che abbiano un forte carattere preventivo e si basino sui dati scientifici; è inoltre necessario valutare il tempo in cui tali misure sono adottate, di modo che siano quanto più possibili efficaci. Sarà indispensabile, inoltre, che siano il risultato di tavoli condivisi tra diversi utilizzatori, pubblici e privati, così che possano rappresentare davvero un argine ai nuovi conflitti sull’acqua. Solo così potremmo dire che stiamo percorrendo un percorso di pacificazione sulla gestione dell’acqua, sempre più scarsa», conclude Munerol. «Insomma strategie e misure che favoriscano l’unione, la collaborazione e il dialogo, non nuovi “semi del conflitto”. Un processo complesso, certo, ma fondamentale per rispondere a quello che è uno dei messaggi chiave di questa Giornata Mondiale per l’Acqua: un uso equo e sostenibile di questa risorsa può essere un mezzo per unire comunità e nazioni».

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