Giornata internazionale per combattere la desertificazione e la siccità, un rischio da affrontare insieme

Il 17 giugno è la data scelta dalle Nazioni Unite per aumentare la consapevolezza e le conoscenze su due grandi rischi, la desertificazione e la siccità. Fenomeno, quest’ultimo, che si prevede in aumento per molte aree del pianeta, compresa la regione mediterranea: per questo è più urgente che mai comprenderne i rischi e delineare strategie di adattamento che permettano alle comunità di affrontarli. È ciò che sta facendo anche Fondazione CIMA, lavorando su diversi fronti a livello nazionale e internazionale

Rising up from drought together: il tema scelto dalle Nazioni Unite per la Giornata internazionale per combattere la desertificazione e la siccità, che si celebra il 17 giugno, richiama quest’anno all’importanza di un’azione condivisa e partecipata per affrontare un rischio sempre più pressante per il pianeta. 

Rischio di cui molte aree europee stanno già sentendo il peso. Il 2022, infatti, è iniziato all’insegna di una siccità che coinvolge diversi Paesi, e che risulta particolarmente marcata nei bacini del Danubio e del Po: come evidenzia l’ultimo report del Global Drought Observatory del JRC, cui ha contribuito anche Fondazione CIMA, l’impatto è particolarmente sentito nei settori dell’agricoltura e della produzione di energia, e strettamente connesso alla scarsità di riserva idrica rappresentata dalla neve.  

 La neve di oggi è l’acqua di domani 

Il ruolo centrale che la neve ha sulla disponibilità di risorsa idrica – soprattutto nell’alimentare la portata dei fiumi con la fusione primaverile ed estiva, quando le piogge diminuiscono ma al contempo la richiesta d’acqua aumenta – rende particolarmente importante monitorare le precipitazioni invernali in montagna. È ciò che hanno fatto i nostri ricercatori che, nel corso degli ultimi mesi, hanno monitorato la situazione sulle Alpi italiane. «Dopo un inizio di stagione promettente, già a inizio 2022 i dati evidenziavano la scarsità di neve rispetto alla media dei 12 anni precedenti», spiega Francesco Avanzi, ricercatore dell’ambito Idrologia e Idraulica di Fondazione CIMA. «La quantità di acqua immagazzinata nella neve sulle nostre Alpi, misurata mediante l’Equivalente Idrico Nivale, risultava sostanzialmente in linea con gli anni precedenti all’inizio dell’inverno, ma – complici la siccità e le alte temperature — è aumentata molto meno nel corso della stagione invernale rispetto agli ultimi dodici anni , mantenendo la stessa tendenza anche durante la primavera. Il risultato è che la neve presente sulle Alpi è stata oltre il 60% in meno rispetto agli ultimi anni, un deficit particolarmente significativo che ha importanti ripercussioni sulla disponibilità d’acqua per settori quali l’approvvigionamento energetico e l’agricoltura». 

In nero, i dati dell’Equivalente Idrico Nivale (Snow Water Equivalent, SWE) a scala delle Alpi italiane da settembre 2021 a metà maggio 2022. Lo SWE indica la quantità d’acqua disponibile in forma di neve. La linea rossa indica lo SWE mediano degli ultimi 12 anni

Oltre a ridurre la riserva d’acqua disponibile in primavera ed estate, questa grave scarsità di neve e la sua fusione precoce hanno contribuito a far scomparire lo stock nivale molto prima del tempo sugli apparati glaciali, esponendoli a una fusione stagionale anticipata. Analizzando i dati di tre tra gli apparati glaciali più importanti del paese, infatti, è immediatamente evidente come porzioni rilevanti di essi appaiano, al contrario degli anni scorsi, già privi di copertura nivale. «La neve non rappresenta esclusivamente una fondamentale riserva d’acqua, ma anche una “coperta” che preserva i ghiacciai e ne ritarda la fusione. La poca neve accumulatasi quest’inverno è già scomparsa in molte aree glaciali delle nostre Alpi, mettendo a dura prova delle aree che hanno già osservato arretramenti importanti negli ultimi anni. Ci aspettiamo che questi processi continuino nei prossimi anni, andando ulteriormente a ridurre un’altra riserva d’acqua strategica per il nostro paese – quella dei ghiacciai», spiega Avanzi. 

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Lo SWE per tre dei principali ghiacciai italiani, confrontato con gli anni precedenti: il Belvedere (Piemonte), il Forni (Lombardia) e il Miage (Val d’Aosta). Più l’area è rossa, maggiore è lo SWE e quindi la neve presente. Queste immagini mostrano che, a causa dell’esiguo accumulo di neve dello scorso inverno, molti dei nostri ghiacciai sono già scoperti e quindi a rischio di fusione precoce

Affrontare la siccità, un compito per il futuro 

«Purtroppo, la siccità rappresenterà una realtà sempre più presente in futuro: si prevede, infatti, che i cambiamenti climatici la renderanno più frequente e intensa per alcune aree, tra cui la regione mediterranea», spiega Gustavo Naumann, anch’egli ricercatore dell’ambito Idrologia e Idraulica e specializzato nello studio di questo fenomeno. «È per questa ragione che dobbiamo imparare ad affrontarla, studiando strategie che ci consentano di mitigarne gli impatti – anche perché gli effetti della siccità, a differenza di quanto avviene con altri fenomeni, come le alluvioni, si fanno sentire nel medio-lungo termine e coinvolgono moltissimi settori. I primi a risentirne sono l’approvvigionamento elettrico e l’agricoltura, ma degli effetti della siccità risentono anche il benessere generale degli ecosistemi e dei servizi che ci offrono, il rischio di diffusione di alcune patologie, la disponibilità d’acqua a scopi domestici, il turismo». 

È proprio questo lo scopo del progetto EDORA, guidato da Fondazione CIMA che coordina quattro partners europei (IVM-Università di Amsterdam, Università di Friburgo, l’Università delle Nazioni Unite e Global Change Research Institute – CzechGlobe).. In linea con la Strategia UE di adattamento al cambiamento climatico, EDORA si pone infatti l’obiettivo di rafforzare la resilienza e le capacità di adattamento dell’Unione europea alla siccità: «Si tratta di un obiettivo tanto ambizioso quanto importante, che richiede innanzitutto di migliorare la nostra valutazione del rischio, così da tenere in considerazione tutti i principali settori che possono essere danneggiati dalla siccità. Per farlo, realizzeremo un database di impatti della siccità che tenga in considerazione tutti i diversi settori interessati, e un Atlante del Rischio che permetta di fornire un quadro sia della situazione attuale sia delle proiezioni future», spiega Naumann. 

«Si tratta di un obiettivo tutt’altro che banale, perché pone la difficoltà di tenere insieme sia aspetti strettamente ingegneristici, come per esempio quelli riguardanti i modelli previsionali, sia aspetti socio-economici. Inoltre, a livello tecnico, ci aspetta un lavoro molto complesso anche perché gli impatti che la siccità può causare dipendono da moltissime variabili, che vanno dalla resilienza di una popolazione agli indicatori fisici del fenomeno (quanto è intenso, per quanto perdura e così via). E, per alcuni settori (è il caso degli ecosistemi) questa variabili sono state finora poco indagate», aggiunge il ricercatore. 

Lavoro di squadra 

Come ricorda il tema scelto per la Giornata internazionale per combattere la desertificazione e la siccità, serve lavorare insieme per creare una reale resilienza alla siccità. Un concetto condiviso dagli obiettivi del progetto EDORA, che infatti vede la creazione di una rete di osservatori come secondo risultato principale. Stabilire le connessioni tra gli osservatori già presenti negli Stati membri e crearne dove mancanti, ha il duplice valore di aumentare la copertura geografica di monitoraggio europeo e rafforzare la coordinazione scientifica nelle attività di monitoraggio e risposta. In più, faciliterà lo scambio di conoscenze, metodologie e buone pratiche, contribuendo a migliorare la gestione delle siccità e a mettere a punto piani di adattamento efficaci, per tempo  

«In quest’ottica, è di grande importanza l’incontro internazionale che si terrà il 16 e il 17 di giugno: si tratta del kick off meeting del network degli Osservatori sulla siccità europei, un momento d’incontro e confronto fra esperti, provenienti da diversi Paesi europei, dedicato a comprendere lo stato dell’arte degli osservatori in UE», spiega Naumann. «Nell’ambito del meeting, abbiamo organizzato per il 17 giugno anche una consultazione di esperti, che ci aiuterà a delineare le metodologie per l’elaborazione delle catene d’impatto e l’analisi dei rischi per i diversi settori danneggiati dalla siccità, nonché l’implementazione di un database europeo degli impatti. Ma, oltre ad affrontare alcuni aspetti tecnici, la consultazione sarà anche un momento per confrontarsi sulle prospettive e capire, insieme, come muoversi per raggiungere i risultati». 

Non solo in Europa 

L’importanza di agire in modo sinergico nell’affrontare la siccità significa non limitare le attività all’Europa: questo è un rischio che coinvolge molte altre aree del -pianeta e, come ha ben evidenziato la pandemia di COVID-19, il benessere di una regione influisce su quello del resto del globo, così come le conoscenze sviluppate nel corso di un’esperienza possono rappresentare un concreto aiuto anche in altri contesti. 

Per questa ragione, i nostri ricercatori e ricercatrici non stanno lavorando sul tema della siccità solo a livello nazionale ed europeo. Per esempio, con il progetto Integrated Flood and Drought Management and Early Warning for Climate Adaptation in the Volta Basin hanno realizzato profili di rischio sia per le alluvioni che per la siccità, che contribuiranno a rafforzare i sistemi di allertamento dei paesi del bacino del Volta. Nel progetto APIS, invece, affianchiamo l’Agenzia Italia per la Cooperazione allo Sviluppo (AICS) allo scopo di implementazione di un sistema di allertamento per ridurre i danni e al contempo rafforzare la gestione dei rischi nel Paese, con un focus particolare sulle alluvioni e, appunto, siccità. Infine, dal 2020 è operativo il Monitor delle Siccità della Bolivia, sviluppato dai ricercatori di Fondazione CIMA nell’ambito del Programma Pilota per la Resilienza Climatica e utilizzato dalle istituzioni locali di protezione civile e gestione risorse idriche per anticipare localizzazione e impatti della carenza idrica sui settori di competenza.

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