È stato appena pubblicato lo European Drought Risk Atlas, un’analisi qualitativa e quantitativa del rischio di siccità negli Stati europei per le condizioni di clima attuale e futuro. Realizzato nell’ambito dell’iniziativa EDORA, l’atlante fornisce un quadro del rischio e degli impatti della siccità in cinque diversi settori socio-economici: agricoltura, approvvigionamento idrico, energia, trasporto fluviale, ecosistemi
Quale presente e quale futuro per la siccità? La letteratura scientifica è concorde nell’affermare che, a causa della crisi climatica, questo fenomeno si sta facendo via via sempre più grave in diverse aree del mondo, tra cui il bacino del Mediterraneo. Per capire come affrontarlo – come, cioè, prendere le adeguate misure di adattamento – è necessario però anche riuscire a valutarne gli impatti.
È quanto fa il nuovo European Drought Risk Atlas, realizzato nell’ambito dell’iniziativa EDORA da un consorzio di università e centri di ricerca europei ed internazionali, coordinati da Fondazione CIMA, sotto la supervisione del Joint Research Centre (JRC) della Commissione Europea. Attraverso l’analisi delle catene d’impatto e con valutazioni nel clima attuale e futuro, l’atlante restituisce un quadro degli effetti della siccità in alcuni settori chiave, dall’agricoltura all’energia, dal trasporto fluviale agli ecosistemi, fornendo una valutazione del rischio e ponendosi come strumento di supporto per indirizzarne la gestione.
Un’analisi multi-settoriale
Presentato al Parlamento europeo il 27 ottobre, l’European Drought Risk Atlas rappresenta uno dei più importanti risultati previsti dall’iniziativa EDORA. La siccità rappresenta un fenomeno complesso da gestire, per varie ragioni ma soprattutto perché i suoi effetti interessano settori socio-economici e sistemi tra loro molto differenti, si presentano in tempi diversi e avere conseguenze a cascata. Per esempio, l’agricoltura è uno dei settori più immediatamente colpiti dalla siccità; eppure, a seconda del tipo di coltivazione l’impatto può essere più o meno intenso, ed essere seguito da effetti indiretti come l’aumento di prezzi e la perdita di lavoro.
«Con il nuovo atlante, abbiamo cercato d’identificare i driver – dei fattori che influenzano rischio impatti – e quantificare le perdite relative ai cinque settori socio-economici e sistemi analizzati: agricoltura, approvvigionamento idrico, energia, trasporto fluviale, ecosistemi terrestri e d’acqua dolce», spiega Lauro Rossi, direttore del programma Early Warning System di Fondazione CIMA e primo autore dell’atlante. «Studiare gli impatti della siccità in differenti settori fornisce un quadro di insieme per impostare una prospettiva multi-settoriale nella scelta delle misure di adattamento, necessaria se non vogliamo rischiare che, nel tentativo di ridurre gli impatti in un determinato ambito, se ne danneggi un altro».
Catene d’impatto e machine learning per valutare il rischio siccità
La metodologia usata nell’atlante si basa su due componenti complementari: modelli concettuali e modelli “data-driven”. I primi consistono specificatamente nella realizzazione di catene d’impatto che offrono una rappresentazione visiva un’analisi di come diversi fattori interagisco per determinare il rischio; sebbene non producano una quantificazione dei possibili problemi, le catene d’impatto hanno un ruolo importante per restituire un quadro degli elementi in gioco– e di dove quindi può essere meglio agire per ridurre il rischio.
Il secondo elemento è un’analisi quantitativa d’impatto della siccità, realizzata grazie a tecniche di machine learning basate sulla possibilità d’“insegnare” a un algoritmo ad associare determinate condizioni meteo-climatiche avverse ad una serie storica di impatti osservati nei diversi settori analizzati. Quindi, per fare un esempio, l’algoritmo può imparare che alcune condizioni meteorologiche e climatiche determinano perdite nella produzione agricola in una determinata area. Dopo aver validato l’algoritmo per le condizioni di clima attuale, ricercatori e ricercatrici hanno condotto la stessa analisi anche per diversi scenari climatici futuri, corrispondenti ad un aumento di temperatura di 1,5°C, 2°C e 3°C rispetto alle condizioni pre-industriali, fornendo così indicazioni su come il rischio di siccità potrebbe cambiare nell’Unione europea a differenti livelli di riscaldamento.
«È da notare che queste proiezioni non tengono in considerazione le possibili variazioni degli elementi esposti, dell’uso del suolo, infrastrutture e gli effetti fisico-chimici (per esempio, l’effetto della “fertilizzazione” da CO2), le misure di mitigazione e adattamento che dovranno essere messe in campo», specifica Rossi. «Tuttavia questo approccio ha un vantaggio: ci permette d’isolare in contributo del cambiamento climatico, ossia ci consente di valutare come quest’ultimo possa, da solo, influenzare il rischio di siccità».
Siccità, il quadro europeo
Questa analisi fornisce il primo quadro trans-regionale del rischio di siccità in Europa, oggi e in un futuro più caldo, e delle conseguenti perdite nei vari settori studiati. Cosa mostra questo quadro? Purtroppo, ma non inaspettatamente, che le perdite possono essere significative. Per esempio quelle relative al settore agricolo interessano tutta Europa – non solo il Mediterraneo – con una perdita media annuale del raccolto che può arrivare fino al 10% in alcune aree. E queste perdite potrebbero anche raddoppiare in un mondo più caldo di 2 o 3 gradi rispetto alla temperatura pre-industriale.
Più complessa la questione dell’approvvigionamento di acqua potabile, che chiama in causa diversi elementi. Per esempio, evidenziano i dati dell’atlante, la minor quantità d’acqua disponibile può far aumentare la concentrazione degli inquinanti, rendendo necessari trattamenti e monitoraggi aggiuntivi per garantirne la qualità, con conseguente innalzamento dei costi. A livello quantitativo, si nota come i prelievi all’inizio del periodo di siccità possano aumentare significativamente rispetto alla media. E se per alcune regioni, come la Scandinavia, le risorse idriche sono sufficienti a rispondere alla richiesta, per Paesi come la Spagna (i cui prelievi sono già ingenti), il margine per ulteriori estrazioni potrebbe mancare. Lo scenario peggiora sensibilmente nelle proiezioni future.
Ancora, il report restituisce un’immagine di rischio per il settore energetico, per quello del trasporto fluviale e per quello degli ecosistemi nel quale le perdite, pur con significative differenze geografiche (per esempio, il trasporto fluviale si concentra solo nelle principali idrovie di comunicazione commerciale). Il che significa che la siccità è un rischio che non solo non possiamo assolutamente ignorare, ma per il quale agire è urgente, perché gli impatti sono già significativi e, se le temperature aumentassero ulteriormente, possono diventare drammatici.
Adattamento: la necessità di un approccio olistico e cooperativo
«L’intento dell’atlante non è di promuovere specifiche misure di gestione del rischio, bensì fornire, sulla base delle prove e dei dati scientifici, gli elementi che consentono di valutare il problema nel modo più aggiornato e corretto possibile», commenta Rossi. «In particolare, vogliamo evidenziare gli effetti ad ampio raggio della siccità, che interessa sistemi tra loro diversi e i cui effetti spesso non sono immediati ma emergono solo dopo periodi più o meno lunghi di scarsità di precipitazioni. Soprattutto, si tratta di effetti complessi, a cascata, che richiedono di tenere in considerazione l’interazione tra diversi elementi e settori: di conseguenza, è fondamentale avere un approccio olistico nell’affrontare il rischio siccità. Inoltre, sarà necessario lavorare in un’ottica di rafforzamento delle collaborazioni a livello europeo, perché rispondere a un fenomeno con effetti così estesi significa anche agire in modo collettivo, sia in termini di strategie di adattamento sia per quanto riguarda la raccolta e la sistematizzazione dei dati, che per alcuni settori sono ancora scarsi e frammentari».
Per quanto riguarda quest’ultimo punto, EDORA ha già iniziato a contribuire realizzando un database d’impatto della siccità (EDID – European Drought Impact Database), una collezione d’informazioni oggettive e indipendenti riguardanti i danni della siccità registrati nei diversi settori socio-economici (gli stessi analizzati nell’atlante). Il database si articola in una serie precisa di attributi che descrivono l’impatto nei differenti settori con relativi riferimenti spaziali e temporali. Il database integra alcuni sforzi regionali sviluppati in vari progetti e presenta informazioni aggiuntive degli eventi dell’ultimo decennio. Rispetto a questi database già disponibili, presenta nuovi attributi, la possibilità di fornire informazioni anche sul livello di gravità del fenomeno: «Al momento, il database è disponibile ancora solo come versione di test, ma, nei prossimi mesi, diverrà parte integrante del sistema dei servizi Copernicus», conclude Rossi.