Dal manto nevoso alla stima delle precipitazioni ad alta quota

Tra le presentazioni portate all’EGU 2020, quella dei ricercatori dell’ambito di Idrologia e Idraulica ha descritto una procedura per la stima della precipitazione a quote elevate, un dato fondamentale per la gestione della risorsa idrica nelle aree montane – e non solo

La neve, che sui nostri monti ha cominciato a fondere tra aprile e maggio, non è solo la materia prima per gli sport invernali: rappresenta, invece, una fondamentale risorsa idrica a scala nazionale. È per questa ragione che risulta importante avere stime quanto più precise possibile di quanta ne sia caduta durante l’inverno. Raccogliere i dati a quote elevate non è però semplice. Per ovviare a questo problema, i ricercatori del nostro ambito di Idrologia e Idraulica, in collaborazione con il Centro Funzionale della Regione Autonoma Valle d’Aosta, la Compagnia Valdostana delle Acque (CVA) e Arpa Valle d’Aosta, hanno sviluppato un sistema per calcolare quanta neve sia presente in altura in base alle misurazioni della precipitazione a valle. I loro risultati sono tra le presentazioni portate all’EGU General Assembly 2020.

Dati ad alta quota, la sfida delle misurazioni

Le montagne sono spesso definite water towers, vale a dire i serbatoi idrici d’Europa. La neve che vi si accumula durante le nevicate invernali racchiude infatti una grande quantità d’acqua. Fondendosi all’aumentare delle temperature, quest’acqua arriva a valle quando, a partire da aprile e maggio, la richiesta di approvvigionamento idrico da parte dell’ecosistema e della nostra società è molto elevata. Sapere quanta neve sia effettivamente presente diventa quindi un dato fondamentale sia per le previsioni a breve termine, per esempio quelle alluvionali, sia nel lungo termine, per pianificare la gestione della risorsa idrica nel corso dell’anno. C’è però un problema: effettuare misurazioni accurate in altura è difficile.

«A quote elevate gli strumenti tendono a funzionare meno bene, per cui i dati raccolti sono spesso scarsi e affetti da errori, soprattutto quando la precipitazione è rappresentata da neve invece che da pioggia», spiega Francesco Avanzi, ricercatore dell’ambito Idrologia e Idraulica della Fondazione CIMA. «Abbiamo quindi cercato di migliorare gli strumenti previsionali a quote molto elevate, soprattutto a monte degli invasi idroelettrici. E per farlo, ci siamo basati direttamente sulla quantità di neve effettivamente presente alla fine della stagione invernale, un dato spesso poco considerato».

Una proporzione tra ciò che avviene in alto e ciò che avviene in basso

Ogni anno, quando la neve smette di accumularsi ed è in procinto di iniziare a fondere, Arpa Valle d’Aosta effettua delle misurazioni in loco per stabilire quanta neve sia presente sulle alture. Proprio questa informazione è stata usata dai ricercatori per confrontarla con i dati raccolti a valle e stabilire una proporzione tra la precipitazione avvenuta ad alta quota, sopra i 3000 metri di altitudine, e quella registrata invece a valle. «In altre parole, abbiamo pensato che quel dato, messo in relazione con le misurazioni effettuate a valle, potesse darci stime precise delle precipitazioni avvenute nel corso di tutta la stagione invernale», continua Avanzi. «E la relazione è stata inserita in un modello previsionale per la neve sviluppato dalla Fondazione CIMA, S3M».

I risultati del modello, basati su oltre 70.000 misurazioni raccolte in Valle d’Aosta, sono poi stati validati controllando a ritroso i dati raccolti a partire dal 2017. «Abbiamo così potuto verificare che, fornendo al modello queste stime migliori di precipitazione e quindi di quantità di neve, migliorano sia le stime di innevamento (ossia quanta neve è effettivamente presente a terra) sia le stime di approvvigionamento idrico». In gergo, le stime di innevamento si esprimono in termini di Snow Water Equivalent o equivalente idrico nivale, la quantità d’acqua conservata dalla neve in un determinato punto e quindi il quantitativo d’acqua che quel determinato punto darebbe se la neve si fondesse tutta.

«Stiamo ora affrontando il processo per rendere questo sistema operativo già dal prossimo inverno. Questo studio ci ha consentito di stabilire che i dati raccolti sotto forma di innevamento ad alta quota sono molto utili», conclude il ricercatore. «E fornendoli al modello previsionale S3M possiamo ottenere stime molto più precise dello Snow Water Equivalent, una variabile a cui molti servizi operativi quali le ARPA o le aziende idroelettriche sono interessate. Il nostro è un approccio semplice e molto promettente per stimare questo parametro».

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