EGU25: un approccio poliedrico per affrontare la complessità del rischio

Ogni anno, la EGU General Assembly riunisce a Vienna migliaia di scienziati e scienziate da tutto il mondo, impegnati nello studio della Terra, del clima, dell’ambiente e dei rischi naturali. Anche quest’anno, Fondazione CIMA partecipa a EGU25 con contributi che spaziano dalla dinamica della neve e dei ghiacciai alla modellazione degli incendi, dall’uso dei dati satellitari per la gestione idrica alla comunicazione del rischio attraverso strumenti artistici e partecipativi. Una varietà che dimostra quanto la ricerca sia oggi chiamata a leggere la complessità e il rischio attraverso approcci sempre più integrati, multidisciplinari, capaci di attraversare scale spaziali e temporali differenti.

Cambiamento climatico, meteorologia e dati satellitari

Climate change meteorology and satellite data

L’osservazione della Terra è al centro delle strategie di monitoraggio e modellazione dei fenomeni ambientali: i dati da satellite sono impiegati per analizzare la dinamica della vegetazione, stimare l’evapotraspirazione, valutare l’impatto dei cambiamenti climatici sulla produttività agricola e sulla biodiversità alpina (Monitoring climate and land-use change impacts on Alpine grassland vegetation dynamics and carbon sinks). Per l’agricoltura e altri settori vulnerabili come la pianificazione territoriale, anche le previsioni meteorologiche stagionali rappresentano un supporto essenziale: l’analisi delle loro performance evidenzia le potenzialità applicative e i limiti da colmare per una maggiore efficacia operativa (Assessing the skill of Copernicus seasonal forecast systems in predicting temperature and precipitation anomalies in the Alpine region).

Un approccio integrato, capace di combinare diverse fonti di osservazione e forme di conoscenza per la raccolta di dati meteorologici rappresenta quindi la base per una modellazione numerica avanzata, ma è sempre più rilevante anche il ruolo della cittadinanza attiva, in grado di contribuire in modo capillare e continuo alla generazione di informazioni ambientali. Esperienze di citizen science come quelle promosse dal progetto I-CHANGE si rivelano fondamentali per integrare il monitoraggio tradizionale con misurazioni di prossimità, validate attraverso attività partecipate. Un esempio è l’iniziativa MeteoTrackers, che impiega sensori portatili distribuiti alla popolazione per raccogliere dati su temperatura, umidità e altri parametri microclimatici (MeteoTrackers (MT) in Citizens Science – A New Era in Micrometeorology or just an Instrument for education? Lessons from MT operations within I-CHANGE EU project). In occasione dell’I-CHANGE Day, inoltre, i cittadini sono stati coinvolti nella raccolta di dati sull’inquinamento dell’aria e sul comfort termico urbano, contribuendo attivamente al monitoraggio ambientale (“Citizen science in action: air pollution campaigns and thermal comfort assessment from I-CHANGE Day”).

Strumenti digitali come app, dashboard e piattaforme educative completano questo ecosistema: permettono di raccogliere e visualizzare in tempo reale informazioni ambientali, di stimolare comportamenti sostenibili attraverso la gamification e di diffondere conoscenza attraverso percorsi formativi online. (The I-CHANGE Dashboard: A tool for raising awareness and triggering behavioural change, ChallengeYeti App: Bridging the Knowledge-Action Gap through Gamification and Digital Engagement, The I-CHANGE MOOC: ensuring cross-fertilisation and knowledge-sharing on citizen science for climate action and risk prevention beyond European Living Labs). 

I dati meteorologici ad alta risoluzione e le osservazioni satellitari, si uniscono poi a rilievi idrologici e parametri morfologici in modo da essere integrati in modelli numerici capaci di modellare le dinamiche idrologiche in ambienti complessi (Leveraging Satellite-Derived Reservoir Data for Enhanced Hydrological Model Calibration: Towards Advanced Flood Prediction in Dam-Regulated Basins).

Idrologia, neve e modellazione avanzata

Hydrology snow and advanced modeling

I modelli distribuiti utilizzati per simulare il bilancio idrico integrano neve, suolo, vegetazione e morfologia del bacino, e sono in grado di operare anche a risoluzioni spaziali inferiori al chilometro. Alcuni adottano schemi energetici e termodinamici per descrivere l’evoluzione del manto nevoso, mentre altri si basano su strutture modulari che accoppiano la dinamica della neve con la modellazione del deflusso superficiale e sotterraneo, considerando processi come la fusione, la percolazione e l’accumulo. Per migliorare la previsione dei deflussi e ridurre l’incertezza modellistica, vengono integrate tecniche di assimilazione dati basate su reti neurali o approcci stocastici. Questa architettura ibrida consente di rappresentare in modo accurato la variabilità idrologica, sia a scala locale che di bacino, migliorando le capacità previsionali e la gestione delle risorse (Modeling snowpack evolution and water discharge in the Po River basin at 1 km resolution: a retrospective analysis (1991-2020)). 

L’uso combinato di osservazioni multi-sorgente e tecniche di assimilazione dati applicato a un bacino mediterraneo, consente dunque una rappresentazione più accurata della dinamica nivale e delle sue implicazioni idrologiche (A Comprehensive Snow Modeling Using Multi-Source Data and Assimilation for a Refined Characterization of a Complex Mediterranean Basin). In aree come l’Italia settentrionale, l’accuratezza della simulazione dei deflussi è migliorata anche dalla valutazione delle stime dello Snow Water Equivalent (SWE) a partire da prodotti di rianalisi e da modelli idrologici (Assessment of Snow Water Equivalent Estimates from Reanalysis and Rainfall-Runoff Modeling in Northern Italy). Nuovi orizzonti per questa accuratezza si aprono grazie all’integrazione tra modellazione fisica e apprendimento automatico attraverso l’uso di reti neurali per l’assimilazione dati (Learning to filter: Snow data assimilation using a Long Short-Term Memory network).

Nelle aree alpine e mediterranee, infatti, la riduzione della neve invernale e l’aumento delle temperature stanno riscrivendo gli equilibri eco-idrologici. Le snow droughts — periodi prolungati di scarsità di neve — alterano le dinamiche del deflusso, influenzano la produttività agricola e modificano i cicli della vegetazione (Impacts of Mediterranean snow droughts on mountain socio-ecohydrology). Le nuove dinamiche di interazione tra clima, neve e risposta vegetativa, si rivelano anche nell’analisi eco-idrologica dell’evento di snow drought che ha colpito il bacino montano del Velino-Salto, in Italia centrale (Eco-hydrological insights from a snow drought in a Mediterranean mountainous catchment in Central Italy). 

In questi contesti l’interazione tra neve e ghiacciai produce effetti inaspettati: in annate siccitose, la fusione glaciale può diventare la principale fonte di acqua estiva, ma a scapito della sostenibilità a lungo termine (The 2022 – 2023 snow drought in the Italian Alps doubled glacier contribution to summer streamflow, ne abbiamo parlato anche qui). 

Siccità: monitoraggio, impatti, governance

Drought monitoring impacts governance

La siccità si presenta quindi come un fenomeno sistemico, che unisce dimensioni ambientali, climatiche, idrologiche e socio-economiche. Il World Drought Atlas offre una visione di insieme dei pattern delle caratterisctiche delle diverse siccità a livello globale, basata su un’analisi sistematica degli eventi del passato condotta attraverso serie storiche di dati climatici e idrologici. Questa ricostruzione offre un riferimento fondamentale per valutare la vulnerabilità di sistemi naturali e antropici, contribuendo alla costruzione di una memoria idro-climatica condivisa, utile non solo per pianificare interventi di adattamento e mitigazione più efficaci nel presente, ma anche per mitigare i rischi futuri (The World Drought Atlas: a wake-up call on drought risks and resilience).

Comprendere, ad esempio, come la vegetazione reagisce a diversi attributi della siccità consente anche di identificare soglie critiche e aree particolarmente vulnerabili. Le risposte della vegetazione alle siccità mediterranee sono infatti al centro di un’analisi dei regimi pluviometrici e della resilienza ecosistemica (Vegetation response components to drought regimes attributes in the Mediterranean Basin). Nei sistemi agricoli alpini, inoltre, l’evapotraspirazione rappresenta un tassello cruciale per la gestione intelligente dell’acqua: la sua misurazione diretta consente di migliorare le strategie irrigue e supportare un’agricoltura montana più sostenibile (Supporting Next-Generation Agriculture in the Alps: Direct Evapotranspiration Measurements for Smarter Water Management).

In contesti di vulnerabilità complessa, come il Sudan, il rischio siccità si intreccia con dinamiche politiche, sociali e di sicurezza alimentare, che aprono interrogativi cruciali sul ruolo della cooperazione scientifica e umanitaria (Drought Risk Assessment in Crisis Context: A Collaborative Approach for Sudan).

Collegare la ricerca scientifica alla pratica gestionale è infine essenziale per migliorare la prontezza ai fenomeni siccitosi. Esperienze condotte nelle Alpi europee mettono in evidenza il valore dell’integrazione tra scienza e territori per aumentare la capacità di risposta locale (Enhancing the readiness for drought events in the European Alps bridging research and practice). In parallelo, l’uso di tecniche avanzate di analisi testuale e machine learning permette di raccogliere informazioni sugli impatti della siccità attraverso fonti non strutturate, come articoli di giornale e report locali (Advancing drought impact data collection for the Italian Alps through automatic harvesting and analysis of textual data).


Menzione speciale: Union Symposium 4 – Achieving Water Resilience
Acqua, crisi climatica, scenari futuri. L’Union Symposium1 4 – Achieving Water Resilience metterà al centro una delle sfide globali più urgenti, coinvolgendo esperti e istituzioni internazionali per delineare nuove prospettive sulla resilienza idrica. Tra i co-convener anche Lauro Rossi, Direttore di Programma di Fondazione CIMA.


Incendi e rischio in evoluzione 

Fires and evolving risk

Anche il rischio incendi sta cambiando: stagioni più lunghe, condizioni meteorologiche estreme, cambiamenti nell’uso del suolo rendono gli incendi sempre più intensi e imprevedibili. Comprenderne le dinamiche richiede modelli come PROPAGATOR, capaci di rappresentare non solo la propagazione del fuoco, ma anche l’evoluzione del combustibile e le transizioni tra fuoco di superficie e di chioma (Expanding PROPAGATOR Cellular Automata based wildfire simulator to represent surface and crown fire transitions). Anche in questo contesto, l’intelligenza artificiale viene impiegata per supportare la generazione di mappe dinamiche del combustibile, aggiornabili in tempo quasi reale, utili per la previsione del rischio e la pianificazione degli interventi (Climate driven dynamic fuel maps in wildfire management under climate change: an AI approach). L’analisi probabilistica consente invece di valutare la frequenza e l’intensità degli eventi estremi, offrendo un quadro quantitativo per la prevenzione e la risposta (Probabilistic Analysis of Extreme Wildfire events in Italy Using Data-Cube Technology).

Oltre agli strumenti modellistici e previsionali, è fondamentale valutare la qualità e l’efficacia operativa dei sistemi di rating del pericolo d’incendio. Un esempio è il sistema RISICO, basato su un approccio fuel-aware, in grado di discriminare le condizioni di pericolo anche in funzione della tipologia e stato del combustibile vegetale (Fuel-aware Forest Fire Danger Rating System RISICO: a comparative study for Italy).


Menzione speciale: Wildfire Science Officer 
La presenza a EGU si declina anche attraverso ruoli di coordinamento scientifico, come quello dei Science Officer, che contribuiscono a costruire il programma stesso della conferenza, nei suoi aspetti più strategici e tematici. Il nostro ricercatore Andrea Trucchia partecipa come Science officer della Sessione NH 7 – Natural Hazard: Wildfires, dedicata allo studio del rischio incendi.  


Sistemi di allerta precoce, decisioni e tecnologia

Early warning systems decision making and technology

L’aumento della frequenza e dell’intensità degli eventi estremi rende urgente il potenziamento dei sistemi di allerta precoce, che devono essere capaci di integrare modelli previsionali, indicatori di impatto, dati socio-economici. In questa direzione si muovono le sperimentazioni con knowledge graphs e intelligenza aumentata, che permettono di rappresentare la conoscenza in modo strutturato e interconnesso (Bridging Risk Knowledge and Operational Outcomes through Retrieval-Augmented Generation and Knowledge Graphs for Early Warning Systems). 

L’efficacia degli early warning dipende anche dalla capacità di adattarsi ai contesti: ambienti urbani, montani, rurali, ma anche regioni ad alta vulnerabilità sociale come il Sud-Est asiatico o l’Africa subsahariana. Le esperienze in Laos, Cambogia e nel Corno d’Africa mostrano come sistemi flessibili e partecipati possano migliorare la preparazione e ridurre l’esposizione (Impact-based flood early warning in Lao PDR and Cambodia, Towards actionable impact-based early warning for floods and droughts in the Greater Horn of Africa). Nel contesto africano, anche le soluzioni sviluppate nell’ambito del sistema Africa Multi-Hazard Early Warning and Action System (AMHEWAS) migliorano le capacità di anticipazione e intervento, anche grazie all’innovazione dei sistemi di monitoraggio della siccità (Enhancing Drought Risk Monitoring for Disaster Risk Reduction: Innovations in the Africa Multi-Hazard Early Warning and Action System (AMHEWAS)). 

Per quanto riguarda l’Europa, il progetto ARISTOTLE-ENHSP fornisce alla Protezione Civile europea un servizio esperto di valutazione scientifica multi-rischio, migliorando la capacità di risposta alle emergenze complesse (ARISTOTLE-ENHSP Project: a multi-hazard scientific expert assessment service for the EC Emergency Response Coordination Center). 

La valutazione del rischio globale da alluvioni in termini di spostamento di popolazione è un altro ambito di studio emergente, con modelli in grado di stimare l’impatto potenziale di eventi estremi su scala mondiale (Global flood displacement risk assessment”).

Comunicazione, arte, partecipazione

Communication art participation

La comprensione del rischio non è solo un processo scientifico o cognitivo: è anche un’esperienza emotiva, simbolica e culturale. Proprio per questo, arte e narrazione possono diventare strumenti potenti di consapevolezza e trasformazione. L’opera performativa Lament of Ur, ad esempio, rappresenta l’aridità come trauma collettivo, intrecciando mitologia, suono e dati scientifici per evocare l’impatto della siccità nel passato e nel presente (“Lament of Ur: Addressing Drought Through Art”). 

La costruzione della resilienza richiede approcci transdisciplinari, capaci di mettere in dialogo scienza, istituzioni e cittadini. È il caso dei modelli integrati applicati alle politiche urbane sul traffico, che permettono di simulare scenari complessi e supportare decisioni più efficaci e sostenibili (“Integrated modelling chain for tailored traffic policy interventions”). 

In questa prospettiva, la partecipazione si configura come parte integrante della produzione di conoscenza. Non si tratta più solo di comunicare i risultati scientifici, ma di co-produrli, coinvolgendo attivamente le comunità. L’iniziativa Science is We propone proprio un modello in cui il potere nella generazione del sapere è condiviso, con cittadini che diventano co-autori di dati, interpretazioni e soluzioni (“Science is We: towards co-equal power sharing in scientific knowledge production”). 

Oltre ai dati, anche le immagini possono raccontare il cambiamento. Con l’iniziativa Obiettivo Clima, promossa da Fondazione CIMA nel contesto del progetto I-CHANGE insieme all’Unione Italiana Fotoamatori (UIF), fotografi amatoriali sono stati invitati a documentare visivamente i cambiamenti climatici. Il potere evocativo della fotografia rende tangibili fenomeni che spesso restano astratti, avvicinando il pubblico alle evidenze scientifiche (“CLIMATE OBJECTIVE: I-CHANGE and UIF amateur photographers’ alliance for climate”). 

Esperienze come quelle del progetto Adaptation AGORA dimostrano, quindi, come l’approccio partecipativo possa essere applicato su scala europea per affrontare rischi climatici urbani attraverso strumenti inclusivi e co-progettati (“A cross European participatory approach to addressing urban climate risks, lessons learned from the Adaptation AGORA’s pilot regions”). Un principio che ritroviamo anche nei Living Lab europei, dove la scienza partecipata promuove comportamenti urbani più sostenibili (“Comparative Insights from Living Labs: Driving Sustainable Urban Behaviors through Participatory Science”). 

L’efficacia comunicativa del progetto I-CHANGE si concretizza anche nell’Environmental Impact Hub, uno spazio digitale in cui gli effetti ambientali delle azioni individuali e collettive vengono visualizzati e narrati (“The I-CHANGE Environmental Impact Hub (EIH)”). Il progetto ha inoltre prodotto risultati sistemici, contribuendo a diffondere consapevolezza ambientale e comportamenti sostenibili grazie a metodologie innovative di comunicazione e coinvolgimento (“Fostering Environmental Awareness Through Innovation: Outcomes from the I-CHANGE Project”). 

Infine, in un contesto in cui la disinformazione climatica è sempre più pervasiva, il rafforzamento delle competenze digitali si rivela cruciale. Strumenti formativi e interattivi aiutano i cittadini a orientarsi tra informazioni complesse, potenziando la loro capacità di prendere decisioni consapevoli e di diventare più resilienti (“Digital tools for capacity building, a tangible support for citizens to tackle climate disinformation and be more resilient”).


Menzione speciale: H2020 I-CHANGE Final Scientific Event
Tra i momenti di rilievo all’interno della EGU2025, anche l’evento scientifico finale del progetto H2020 I-CHANGE, dedicato al ruolo della citizen science per il clima. La sessione riunisce ricercatori, cittadini e stakeholder locali per raccontare i risultati dei Living Lab e presentare strumenti innovativi come la Citizens4Climate Dashboard e l’app ChallengeYeti. Un’occasione per riflettere sull’eredità del progetto, sulle strategie di comunicazione adottate e sul dialogo con le politiche pubbliche.


Menzione speciale: il progetto MAELSTROM 
Un esempio virtuoso di partecipazione pubblica alla ricerca scientifica: nell’ambito della sessione “Empowering Communities: Citizen Science and Engagement in Tackling Plastic Pollution”, il progetto MAELSTROM verrà menzionato come best practice nel campo della citizen science e del coinvolgimento delle comunità.


La complessità del rischio richiede una scienza capace di osservarla, modellarla e raccontarla. Fondazione CIMA all’EGU 2025 offre uno sguardo su questa complessità: dalla neve al fuoco, dalla siccità alla partecipazione, ogni contributo è parte di un mosaico che ci aiuta a leggere il presente e immaginare scenari futuri più resilienti. 

  1. Gli Union Symposia all’EGU sono sessioni plenarie ad alto livello, pensate per affrontare temi interdisciplinari di rilevanza strategica per la scienza e la società. ↩︎

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