Neve: a marzo il deficit nazionale aumenta a -63%

Gennaio ha visto un calo delle temperature e qualche nevicata, ma già a metà febbraio avevamo evidenziato come non fossero sufficienti a farci recuperare il deficit di risorsa idrica nivale. I nostri dati più recenti confermano una significativa carenza di neve e ora, con l’avvicinarsi del periodo di fusione, diventa urgente pensare alle implicazioni

L’inverno si avvicina ormai alla sua conclusione, e le giornate che si allungano ci ricordano l’approssimarsi della primavera. Stagione che è di norma quella in cui la neve si fonde, fornendoci l’acqua necessaria a molte attività, dall’approvvigionamento energetico all’agricoltura, senza contare il suo ruolo essenziale per il benessere degli ecosistemi. Purtroppo, però, la neve dell’inverno 2022-23 è stata scarsa, e rischia di aggravare la siccità che interessa l’Italia fin dallo scorso anno: il 4 marzo è storicamente il giorno di massimo accumulo di neve in Italia. Da questa data in poi, diventa più difficile avere nevicate abbastanza intense e prolungate nel tempo da rimpiazzare la neve a oggi mancante.

Fondazione CIMA raccoglie regolarmente i dati disponibili, integrando le informazioni raccolte dai sensori a terra con quelle provenienti dai satelliti, ed elaborandole con il modello S3M. Questo strumento ci permette di avere un quadro della situazione, riportando in particolare l’equivalente idrico nivale (Snow Water Equivalent, SWE), un parametro che rappresenta la quantità d’acqua contenuta nella neve e che, di conseguenza, può informare sulla gravità del deficit.

Alla fine di gennaio, diverse aree italiane sono state interessate da nevicate anche intense e le temperature hanno registrato un calo. Ma, come evidenziavano già allora le nostre analisi, questo non è stato sufficiente a colmare il deficit di neve che si è accumulato nel corso dei mesi: per usare un’espressione che ci è cara, infatti, l’accumulo di neve non può essere visto come una 100 metri ma dev’essere valutato come una maratona – la neve deve avere la possibilità di accumularsi in modo costante in un tempo relativamente lungo, per fornire la riserva idrica che ci è così preziosa. Le nevicate di gennaio, invece, sono state a stretto giro seguite da un periodo particolarmente mite (che possiamo percepire anche in questi giorni e che si prevede duri almeno fino alla metà di marzo) e che ha portato a una fusione rapida e anticipata.

Si tratta di una diminuzione significativa che interessa tanto gli Appennini quanto le Alpi, soprattutto a basse quote. Dal punto di vista delle attività economiche, è la carenza di neve sulle Alpi a preoccupare di più. Sono questi monti, infatti, a fornire l’acqua dolce al bacino del Po, che ospita circa la metà delle risorse idriche italiane: complessivamente, stimiamo che sulle Alpi il deficit sia, a oggi, di -69% rispetto alla media degli ultimi 12 anni. Guardando al solo fiume Po, il deficit si attesta a -66%. Entrambi dati peggiori, quindi, rispetto al deficit nazionale di -63% – dato che, inoltre, rappresenta un peggioramento rispetto alle analisi di metà febbraio, dovuto soprattutto alle temperature via via sempre più miti. Queste ultime, infatti, hanno portato alla fusione di circa un terzo dello SWE a livello nazionale.

SWE Italy MAR
Figura 1: andamento dell’equivalente idrico nivale nazionale. La linea rossa rappresenta l’equivalente idrico nivale per la stagione in corso, totale su tutto il territorio nazionale. La linea tratteggiata rappresenta l’equivalente idrico nivale totale per la scorsa stagione, mentre la linea nera e la banda grigia rappresentano, rispettivamente, la media sul periodo storico e la variabilità interannuale
SWE Alps MAR
Figura 2: andamento dell’equivalente idrico nivale alpino. La linea rossa rappresenta l’equivalente idrico nivale per la stagione in corso, totale su tutte le alpi italiane. La linea tratteggiata rappresenta l’equivalente idrico nivale totale per la scorsa stagione, mentre la linea nera e la banda grigia rappresentano, rispettivamente, la media sul periodo storico e la variabilità interannuale
SWE Po MAR
Figura 3: andamento dell’equivalente idrico nivale per il fiume Po. La linea rossa rappresenta l’equivalente idrico nivale per la stagione in corso. La linea tratteggiata rappresenta l’equivalente idrico nivale totale per la scorsa stagione, mentre la linea nera e la banda grigia rappresentano, rispettivamente, la media sul periodo storico e la variabilità interannuale

Anche per quanto riguarda gli Appennini la fusione della neve è stata intensa; tuttavia, le abbondanti nevicate di gennaio hanno fatto sì che, almeno nelle aree centro-meridionali, l’innevamento sia rimasto tutto sommato più prossimo alla media. Purtroppo, però, questi monti ospitano solo il 10% circa dello SWE nazionale; in altre parole, la loro neve non ci aiuta in modo significativo a risolvere il deficit idrico delle Alpi.

SWE Abruzzo MAR
Figura 4: andamento dell’equivalente idrico nivale dell’Abruzzo. La linea rossa rappresenta l’equivalente idrico nivale per la stagione in corso. La linea tratteggiata rappresenta l’equivalente idrico nivale totale per la scorsa stagione, mentre la linea nera e la banda grigia rappresentano, rispettivamente, la media sul periodo storico e la variabilità interannuale
SWE Emilia Romagna MAR
Figura 5: andamento dell’equivalente idrico nivale dell’Emilia Romagna. La linea rossa rappresenta l’equivalente idrico nivale per la stagione in corso. La linea tratteggiata rappresenta l’equivalente idrico nivale totale per la scorsa stagione, mentre la linea nera e la banda grigia rappresentano, rispettivamente, la media sul periodo storico e la variabilità interannuale

Nel suo complesso, la situazione è peggiore rispetto allo scorso anno, pure già molto siccitoso. E, ormai, con la primavera alle porte, diventa urgente valutarne le implicazioni. «Dobbiamo chiederci: che cosa abbiamo imparato dai precedenti deficit di neve? Innanzitutto, che le scarse risorse idriche nevose spesso portano a un calo della produzione di energia idroelettrica su scala alpina. In secondo luogo, che gli anni caldi e siccitosi come il 2022 vedono meno neve ma anche un maggiore fabbisogno di acqua per l’irrigazione, come suggeriscono i dati della Regione Autonoma Val d’Aosta, analizzati in collaborazione con ARPA Val d’Aosta», commenta Francesco Avanzi, ricercatore dell’ambito Idrologia e Idraulica di Fondazione CIMA. «È una “tempesta perfetta” per le nostre montagne, che forniscono meno neve – proprio quando avremo bisogno di più acqua del solito».

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